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Ricerca storica e riflessioni (Battaglione garibaldino “Melchiorre Vanni”) #4

Apporto internazionale alla Resistenza spezzina: il caso della Brigata, poi Battaglione “Vanni”1

A cura di Maria Cristina Mirabello

L’apporto di stranieri alla Resistenza italiana e spezzina è cosa ormai nota2, fatto più particolare è che nel Battaglione “Vanni” ci fosse un Distaccamento composto tutto da elementi russi3.
Già nell’organico della Brigata Vanni4, datato settembre 1944, possiamo individuare, in fondo all’elenco, quattro nominativi di chiara origine russa. Ad essi dovettero aggiungersene altri5: a riprova di ciò abbiamo alcune pagine del partigiano Saverio Sampietro “Falchetto”, che ne parla diffusamente, aggiungendo particolari interessanti, sia sul numero, accresciutosi in cammino, sia sulle caratteristiche umane e di combattimento che li denotavano.

I russi vengono introdotti nella testimonianza di “Falchetto”6 in occasione di uno dei rari lanci effettuati dagli inglesi per la “Vanni”7, perché i componenti della missione inglese si erano impossessati di molti bidoni8 e, in tale frangente, i russi spararono loro addosso dicendo che erano capitalisti. Proseguendo, “Falchetto” afferma che venne deciso di formare una squadra con i russi che erano nella Brigata, e scrive9:

“Mi pare che avessero raggiunto il numero di 1310. Io dovevo essere il Comandante, ma rifiutai accettando l’incarico di Commissario, mentre il comando venne assunto da ‘Sergei’11, un ufficiale dell’Armata rossa…
Un ragazzo veramente in gamba (nativo di Tiflis sul Mar Nero) ed usava il mortaio in una maniera spettacolare…
Nella squadra dei russi, ricordo vi era oltre che a Sergei, ‘Tacibaio’12 originario dell’Afganistan che a suo dire era addetto ai trattori di un kolchoz, ‘Iasibaio’13 pure di origine mongoloide [Sic!], ‘Mirzaief’14 di origine caucasica il quale aveva sul corpo almeno dieci ferite e con un passato degno di un romanzo, un ragazzo che poteva essere alto m.1, 40, di una sveltezza, intelligenza e tenacia non comuni.
Sembrava una volpe, era stato fatto prigionieri dai tedeschi in Ucraina e portato in Polonia, da dove era scappato con i partigiani polacchi. Ferito e ripreso prigioniero in qualità di addetto ai quadrupedi era stato portato in Francia, da dove scappato era andato con i partigiani francesi.
Ferito e rifatto prigioniero, sempre quale addetto ai quadrupedi, era stato portato in Italia, da dove era scappato con gli altri suoi compagni ed era venuto con noi. Ricordo che vi era poi il caro e compianto ‘Ivan’, caduto poi durante il rastrellamento del 20 gennaio 45…
Era un ragazzo di 19 anni, alto almeno m.1,85 di origine caucasica con i capelli neri e lineamenti mediterranei, tanto che sembrava un meridionale, molto intelligente, serio ed affettuoso. Non mi lasciava mai e sembrava la mia guardia del corpo.
Vi erano, poi che ricordo, ‘Sultan’15 e un altro compagno russo anziani originari di Mosca, due maestri elementari, i quali mi parlavano sempre della loro casa lontana, dei figli della famiglia e delle loro tradizioni ed usanze.
Non ricordo i nomi degli altri cari compagni, ma mi rimase impresso il fatto che io credevo che questi russi fossero tutti comunisti, rimanendo meravigliato quando seppi che di questi 13 russi solo uno era iscritto al Partito Comunista ed era Tacibaio, mentre Sergei, che era oltre che un ufficiale anche un ingegnere, i due maestri di Mosca e gli altri, non erano iscritti e mi dicevano che in Russia per poter essere iscritti al Partito Comunista, bisogna esserne veramente degni, essere dei cittadini modello e che era un alto onore.”

A proposito dei rapporti umani “Falchetto” dice che la sera, intorno al fuoco, era particolarmente colpito dalle canzoni nostalgiche che cantavano e dalla loro tristezza per essere lontani da casa.

Tutti insieme inoltre, i russi nella loro lingua e gli italiani nella loro, cantavano la canzone “Mamma” e da tutto ciò si poteva trarre la riflessione che, nonostante l’abbrutimento derivante dalla guerra, albergassero in tutti i combattenti sentimenti di affetto verso i parenti, la casa ed i luoghi natii.

Passando alle caratteristiche più propriamente inerenti al modo di combattere, “Falchetto”, dice, a proposito dei russi inseriti nella Brigata “Vanni”:

“Inoltre vi era l’apporto dell’esperienza militare della mia squadra di russi, tutti combattenti incalliti e militari perfetti che si trovavano a completo loro agio nella Brigata. Ricordo le postazioni fatte da questi compagni russi sul Monte Zignago a ferro di cavallo che avevano riscosso dopo il 20 gennaio 1945, l’ammirazione degli stessi tedeschi quando sono riusciti a raggiungere la quota.”

Quanto ai comportamento e alla disciplina del Distaccamento russo, “Falchetto” ricorda il caso di ‘Mirzaief’. Quest’ultimo, nel corso di un pattugliamento notturno, aveva bevuto più di un bicchiere di grappa offerto dal fornaio di Serò e, probabilmente anche perché il suo stomaco era abbastanza vuoto a causa del vitto assai scarso, si era ubriacato, per cui Sampietro lo aveva redarguito.

Al Comando, “Ivan” e “Tacibaio”, che avevano sentito, informarono il Comandante Sergei, il quale voleva punirlo duramente, ma “Falchetto” aveva interceduto a suo favore, facendo presente che l’ubriacatura era probabilmente dovuta allo stomaco vuoto.

Tuttavia, sempre “Mirzaief”, rientrato qualche giorno dopo alle quattro del mattino da una guardia, insieme a “Falchetto” e ad altri, intirizziti per il freddo e con i crampi allo stomaco per la fame, aveva allungato nel buio la mano per impossessarsi di una manata di castagne secche16.

Essendo stato visto, a fronte di tale atto, i russi decisero che, poiché tale sottrazione privava gli altri di qualcosa che era comune, Mirzaief doveva essere fucilato. “Falchetto” chiese però di aspettare fino a quando non si fosse riunito il Comando della Brigata.

Dalla riunione emerse che i russi erano irremovibili sulla fucilazione. Si disse loro che il gesto di Mirzaief era deprecabile ma che la Brigata non poteva essere privata di un buon combattente. Alla fine, come scrive “Falchetto”:

“’Mirzaief’ venne condannato al palo mi pare per uno o due giorni e non ricordo bene se gli vennero inflitte 12 o 13 frustate quante erano le castagne secche rubate o una frustata per ogni russo, data dagli stessi.”

Sappiamo, sempre grazie alla testimonianza di “Falchetto”, ma anche grazie a uno scritto di Franco Mocchi “Paolo”, che il russo “Ivan” era presente durante l’attacco alla caserma di Borghetto Vara17 e che, rimasto ferito, venne portato via con il trucco del boscaiolo18. Ed ancora “Falchetto”, nella sua testimonianza, parlando del rastrellamento del 20 gennaio 1945, ricorda che “Ivan” morì nel corso di esso19.

Il Distaccamento russo, sempre basandoci sulla testimonianza di Saverio Sampietro, esiste dunque durante il rastrellamento del 20 gennaio 1945 e, con riferimento a documenti di Archivio che possediamo, è considerato in forza ancora al 7 febbraio 1945.

C’è infatti un organico del Battaglione20 che ne riporta i nomi. Li elenco qui, per come li leggo, sottolineando nuovamente il fatto che ci sono forti dubbi riguardo alla correttezza grafica, ma che, non avendo fonti sicure di confronto, mi attengo a quanto recita il documento.
La lista, da me trascritta, segue fedelmente il documento originale; esso non ha un ordine alfabetico, e mette al primo posto il soprannome, poi il cognome e il nome: “Ararat” Uganescia Ararat, “Sultano” Sultan Papba, “Mirzaief” Umar Mirzaief, “Tacibaio” Giamel Tacibaio, “Zachirof” Charin Zachirof, “Iacibaio” Alicul Iacibaio, “Ivan” Rasolo Ivan21, “Daulato” Macmadale Daulato, “Alessandro” Illic Alessandro, “Nicolai” Covaliescki Nicolaio, “Radion” Cerniscio Radion, “Mamedof” Mamedof Alì, “Sergio” Ghevorchian Serghe, “Vassilli” Ghemeciuk Vassilli.

I russi vivono con il Battaglione “Vanni” il rastrellamento del 20 gennaio 1945, ma, in realtà, non ritornano a Pieve di Zignago dopo di esso22. Lo sappiamo da una serie di documenti di Archivio23: i russi, secondo l’elenco in tutto 14, a un certo punto non ci sono più.

Abbiamo notizia certa di ciò in carte successive. Giuseppe Grandis “Gisdippe”24, Ispettore della I Divisione “Liguria-Picchiara” va a ispezionare il Battaglione “Vanni” il 1 marzo 1945 e, nella sua articolata Relazione25, scrive:

“Non ritenni opportuno ispezionare i 16 26uomini dislocati al Chiaro di Mangia perché il reparto si trova disorganizzato in seguito all’improvviso ordine che porta via i russi dal Distaccamento, per far loro attraversare le linee27.”

In un documento immediatamente successivo28, il Comandante del Battaglione “Vanni”, Astorre Tanca, riferendosi alla visita di “Gisdippe”, per quanto riguarda il Distaccamento dei russi, osserva:

“L’Ispettore dichiara di non ritenere opportuno ispezionare gli uomini dislocati nel fondo Valle del Mangia poiché, dice, si trova disorganizzato in quanto non ci sono più i 1329 russi. La partenza dei 13 russi ha soltanto diminuito la forza effettiva del reparto, non l’ha affatto disorganizzato.”

Il documento non ha data ma, siccome la morte di Astorre Tanca (che firma il documento stesso) avviene il 4 marzo 1945, è presumibile ascrivere all’arco di tempo 2-3 marzo 1944 la risposta del Comandante.

Per capire se tutto il Distaccamento sia partito30, la mia ricerca si è estesa all’intero Registro Storico dei Partigiani e Patrioti della IV Zona Operativa: grazie ad essa, ho individuato alcuni nomi dei russi, già appartenenti al Battaglione “Vanni”, scritti in modo ancora diverso, ma riconoscibili grazie alla data di nascita coincidente, in altre formazioni partigiane (“Giustizia e Libertà” e Battaglione “Pontremolese”), in cui hanno avuto il riconoscimento ufficiale a fine guerra31.

Il Distaccamento32 russo del Battaglione “Vanni” (Archivio privato di Sandra e Paola Mocchi)

Note

1 La documentazione completa della vicenda sarà nel libro sul Battaglione “Vanni”, che sto attualmente scrivendo. L’articolo è dunque una sintesi di quanto al momento accertato. Riconosciuti nel Battaglione “Vanni” e presenti nel Registro “Partigiani e Patrioti della IV Zona Operativa” sono anche due polacchi, sui quali tornerò in un altro articolo, per altre vicende.

2 Per l’apporto di stranieri alla Resistenza spezzina, v. l’elenco in https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2022/08/Partigiani-o-Patrioti-stranieri.pdf (NB: l’elenco comprende solo i vivi, che hanno chiesto il riconoscimento di partigiano o patriota, dopo la Liberazione).
Per narrazioni sulle vicende inerenti a stranieri che hanno partecipato alla Resistenza spezzina, in alcuni casi sacrificando la vita, v.: Greppi, Carlo, Il buon tedesco, Laterza, 2021 (focalizzato fondamentalmente sulla figura di Rudolf Jacobs, tedesco e partigiano della Brigata “Muccini”, Medaglia d’argento al VM alla memoria); Pagano, Giorgio, Raccontatela per bene la nostra Resistenza (https://www.patriaindipendente.it/finestre/raccontare-per-bene-la-nostra-resistenza/), 26 aprile 2022.

3 Cioè sovietici, visto che appartenevano all’esercito dell’URSS. Adottiamo il termine “russi” perché viene usato comunemente da chi li ricorda. In realtà il termine non è onnicomprensivo delle varie nazionalità dell’URSS, cui essi appartenevano.

4 AISRSP, Fondo II, Attività Militare bis, Comando Brigata Garibaldi Melchiorre Vanni, B 496, 7673 A.

5 Si aggiungono, ma anche se ne vanno, o muoiono. Un russo, di nome Ivan (Rabez), presente a settembre, muore nel rastrellamento dell’8 ottobre 1944, avvenuto nel Calicese. V. anche nota 28.

6 Saverio Sampietro “Falchetto”, testimonianza in AISRSP (Miscellanea), 1974.

7 Dicembre 1944?

8 Secondo “Falchetto” i partigiani della “Vanni” lasciarono agli inglese i bidoni contenenti generi di conforto e vestiario, non rinunciando però a quelli contenenti armi e munizioni.

9 Nei brani citati non sono state apportate correzioni grafiche di alcun tipo, se non per la parola “kolchoz” ed “Armata”. Problematica è la questione dei nomi: li citiamo per come Sampietro li scrive, in forma sicuramente errata o parzialmente errata nella trascrizione dal russo all’italiano. Non è possibile fare un raffronto completo tra come egli li riporta e per come essi si trovano in documenti ufficiali, quali ad esempio il Registro storico dei partigiani e patrioti della IV Zona Operativa, o nel sito https://partigianiditalia.cultura.gov.it/, essendo la maggior parte di tali nomi non rintracciabile in queste fonti. C’è, d’altra parte, fondato dubbio che anche l’ortografia del Registro, così come quella delle schede riportate in https://partigianiditalia.cultura.gov.it/, sia errata o parzialmente errata.

10 Paola e Sandra Mocchi, figlie di Franco Mocchi “Paolo”, Commissario Politico del Battaglione “Vanni”, mi hanno consegnato due fotografie dei russi: in una si contano 11 uomini, nell’altra 15. Ho scelto di pubblicare quella con il gruppo più numeroso, fidando che lì ci fossero tutti i russi (con la probabile presenza di un italiano).

11 “Falchetto” lo scrive così; nell’elenco che diamo successivamente è “Sergio” Ghevorchian Serghe. In modo ancora diverso appare nel Registro storico dei Partigiani e Patrioti della IV Zona Operativa, dove risulta Gevorchian.

12 “Tacibaio” Giamel Tacibaio, secondo l’elenco che diamo successivamente.

13 “Iacibaio” Alicul Iacibaio, secondo l’elenco che diamo successivamente.

14 “Mirzaief” Umar Mirzaief, secondo l’elenco che diamo successivamente.

15 “Sultano” Sultan Papba, secondo l’elenco che diamo successivamente.

16 Per capire la gravità del gesto, si tenga conto di quello che sempre “Falchetto” dice nello stesso scritto, a proposito della dieta dei partigiani: “Da parecchio tempo, la razione giornaliera era di una coppetta di farina di castagne bollita senza sale (la così chiamata ‘patona’ [NdA: pattona] o ‘papetta’) e alla sera una manata di castagne secche, che potevano essere 10-15 a seconda della grossezza. Ricordo che la mia squadra di russi ne aveva una certa quantità che doveva bastare per un certo periodo.”

17 1 gennaio 1945.

18 AISRSP, Fondo II, Attività Militare bis, Serie 9, Comando Brigata Garibaldi “Melchiorre Vanni”, B 492, 7606.

19 Sulle circostanze della sua morte esistono versioni differenti, che riporterò nel libro sulla Brigata.

20 AISRSP, Fondo II, Attività Militare bis, Serie 9, Comando Brigata Garibaldi “Melchiorre Vanni”, B 496, 7675. Come già detto, nomi russi erano comparsi in un organico della Brigata “Vanni” del settembre 1944 (AISRSP, Fondo II, Attività Militare bis, Comando Brigata Garibaldi Melchiorre Vanni, B 496, 7673). Essi non coincidono però con quelli indicati da Saverio Sampietro e presenti nell’organico del 7-2-1945. Nell’organico del settembre 1944, ammesso che i nomi siano corretti come trascrizione, abbiamo infatti Solar Ivan, Poridnoi Fredor, Roglj Dimitro, Rabez Ivan. In una nota, ho già osservato che Ivan Rabez muore durante il rastrellamento nel Calicese dell’8 ottobre 1944. Sempre a proposito di russi, c’è un episodio per cui alcuni di loro sarebbero stati con la “Vanni” già in precedenza. Viene infatti narrato da Renato Jacopini (e ripreso in un libro di Mauro Galleni) un episodio clamoroso, risalente al luglio 1944, quando un gruppo della Brigata “Vanni”, capeggiato da Eugenio Lenzi “Primula Rossa”, assaltò il magazzino di Ceparana. In quell’occasione vennero messi a guardia dei tedeschi catturati due partigiani russi (di cui uno, per come si legge nel testo, ucraino) che, fatti prigionieri dai tedeschi, erano fuggiti dopo l’8 settembre 1943 (v. “Canta il gallo”, di Renato Jacopini, pp.77-78, cit., e “Ciao, russi. Partigiani sovietici in Italia, 1943-1945” di Mauro Galleni, Marsilio Editore, 2001).

21 In realtà Ivan Rasolo è, all’epoca, già morto.

22 L’organico citato, del 7 febbraio 1945 è, in un certo senso, in ritardo, sul divenire delle cose. Il ritardo dipende dal fatto che, pur essendo tornata la formazione sulle sue postazioni nello Zignago, non era ancora chiara la situazione definitiva.

23 E di fonti diverse.

24 Giuseppe Grandis.

25 Fondo ANPI provinciale-La Spezia (consultato grazie a Oretta Jacopini).

26 Il numero 16 comprende, come si può facilmente capire, dai numeri dati in precedenza, non solo russi.

27 Qualcuno era andato in altre formazioni (v. dopo) e qualcuno, come dice Giuseppe Grandis, era andato oltre il fronte.

28 AISRSP, Fondo II, Attività Militare bis, Serie 9, Comando Brigata Garibaldi “Melchiorre Vanni”, B 489, 7594.

29 L’elenco, erroneamente, comprende ancora il nome di “Ivan” (Ivan Rasolo) morto, come già detto, durante il rastrellamento del 20 gennaio 1945. Ecco il motivo della differenza tra 13 e 14.

30 Si può osservare come gli organici in generale, e quindi, in particolare, quelli relativi ai combattenti stranieri, siano piuttosto mobili, sebbene una parte di essi permanga fino all’ultimo presso le varie formazioni della IV Zona Operativa. Tra quelli rimasti, sicuramente non tutti chiesero tuttavia nel Dopoguerra il riconoscimento della qualifica di “Partigiano” o “Patriota”.

31 Va aggiunto che alcuni compaiono come nome, ma senza riconoscimento, altri proprio non compaiono.

32 Da comparazione con altre fotografie dell’Archivio ISRSP, in cui è sicuramente presente Saverio Sampietro “Falchetto”, il primo, in piedi a sinistra, potrebbe essere proprio lui.

Ricerca storica e riflessioni (Battaglione garibaldino “Melchiorre Vanni”) #3

La storia è complicata, ma è inutile volerla complicare… Un piccolo esempio nel groviglio del processo a “Facio”

A cura di Maria Cristina Mirabello1

Lo studio del materiale alla base delle vicende della Brigata (poi Battaglione) “Melchiorre Vanni”2, o comunque riferito a fatti in qualche modo legati ad essa, ha dovuto necessariamente confrontarsi con un episodio drammatico, quello della fucilazione di Dante Castellucci “Facio”, Comandante del Battaglione “Picelli”. Infatti furono uomini della “Vanni”, comandata da Primo Battistini “Tullio”, ad essere usati come forza operante sul campo, ad Adelano di Zeri, e quindi ad essi fu poi demandata la fucilazione di “Facio”, all’alba del 22 luglio 1944.

Questo intervento non ha lo scopo di addentrarsi dentro al groviglio costituito, a mio parere ancora oggi3, dalla vicenda del processo (testi e contesti), cui sarà dedicato un Capitolo nel libro sulla4 “Vanni”, ma, semplicemente, di focalizzare un aspetto forse minore, e, tuttavia, a mio parere, storiograficamente importante.

In sintesi: chi era e che cosa faceva, nel luglio 1944, Nello Scotti, il cui nome ricorre nei libri sul processo? Ultimamente5 si è messa in dubbio addirittura l’esistenza di tale personaggio, avanzando ipotesi sull’uso del suo nome come copertura di una vera e propria eminenza grigia non spezzina, che agiva nello Zerasco: proprio perciò è bene indagare quale funzione Nello Scotti abbia realmente svolto in quella delicata fase.

Come si vede, le domande non pongono il quesito di quale sia stata la reazione, alla sentenza di condanna a morte di “Facio”, da parte dei vari membri del Tribunale (tra cui Nello Scotti), Tribunale peraltro criticato aspramente da Antonio Borgatti “Silvio”, all’epoca Segretario del PCI provinciale spezzino, per modalità di procedure, composizione e, quindi, esito finale6. Alla domanda sulla reazione, non posta in premessa, cercherò comunque di dare una qualche risposta.

Accingendomi alla ricerca, mi sono innanzitutto detta che, sebbene certe tematiche siano complesse e che, quindi, debbano essere trattate con molta cura, ciò non significa che occorra sempre formulare ipotesi complottistiche.

Ho deciso perciò di appurare, innanzitutto, l’esistenza fisica di Nello Scotti7, per capirne poi le vicende nel luglio 1944.

Devo onestamente dire che non sono riuscita a sbrogliare la faccenda fino a quando non ho potuto leggere il documento emerso, grazie a Oretta Jacopini, dall’Archivio privato, citato alla Nota 1: solo leggendolo ho infatti preso atto di che cosa facesse Nello Scotti in quei giorni del luglio 1944.

Ma, prima di passare al documento, vorrei rapidamente ricordare, e ce lo dice già Giulivo Ricci nei suoi scritti, specialmente nella “Storia della Brigata Matteotti-Picelli”, come non ci sia chiarezza sulla scena del processo svoltosi contro “Facio” ad Adelano, riguardo alle funzioni svolte dagli attori che vi compaiono, ad esempio su chi fece il Presidente8. In effetti le testimonianze in parte convergono e in parte divergono, non solo, non si capisce bene se “Alda”9 e Nello Scotti siano la stessa persona.

Contenuto del documento

Il documento è la richiesta10 (siglata dal numero 34) di iscrizione11 alla Federazione del PCI- La Spezia, Sezione Centro, avanzata, in data 10 giugno 1945, da Nello Scotti, nato il 12 luglio 1894 alla Spezia, ivi abitante, di professione impiegato in Municipio. Nello Scotti definisce la propria provenienza come “operaia”, la propria cultura “buona”, dichiara di avere frequentato la II Istituto Tecnico e di avere letto “Opere economiche, politiche, sociali dalla seconda metà dell’Ottocento alle attuali opere”. Afferma poi di essere stato iscritto al PSI fino al 1921 e, da tale data, al Partito Comunista, di non avere partecipato alla guerra di Spagna, né a quella di Abissinia, né ad Associazioni combattentistiche, d’arma e cooperativistiche.

Alla domanda se abbia appartenuto a formazioni patriottiche, risponde “Sì”, dal “1 luglio 1944 al 3 agosto 1944”, e poi alla domanda “In quale formazione?” indica “Comando I Divisione, quale Presidente Tribunale Rivoluzionario”, e, alla domanda “Al comando di chi’?” risponde “Colonnello Mario Fontana (Turchi)12.

Quanto alla sua attività economica e politica dall’8 settembre 1943 fino alla data della Liberazione, afferma “Economiche disagiate; politica nella zona costiera; in collegamento Comando Divisione13”. E, infine, al quesito riguardo a quale attività intenda dedicarsi, se politica, sindacale, religiosa, giovanile, risponde “Politica-Sindacale”.

Segue poi, nel Paragrafo “Osservazioni”, una lunga precisazione dattiloscritta: “Patriotta dal 1 luglio al rastrellamento 3-8-44, rimanendo nella zona costiera in seguito a malattia. In detta zona ho costituito CLN a Borghetto Vara, Pignone, Beverino. Cellule di Partito in zona di Pignone, Beverino, Borghetto Vara.

In Adelano (Zeri) nominato presidente Tribunale Rivoluzionario e ufficiale di collegamento con gli alleati (Maggiore Gordon Lett)14.”

Fermo restando che tutto il documento è importante, è anche evidente che, per l’oggetto specifico della ricerca, risultano rilevanti specialmente alcune affermazioni di Nello Scotti. Da esse infatti ricaviamo che: Nello Scotti nel luglio 1944 è nello Zerasco, dove è nominato Presidente del “Tribunale Rivoluzionario”. Poiché non risultano altri Tribunali in tale fase, se non quello che ha condannato a morte “Facio”, Nello Scotti si riferisce ad esso. Cercando di lavorare di cesello, si può notare che Nello Scotti si autodefinisce “nominato” e lo fa con riferimento puntuale ad Adelano: insomma, la nomina è inerente all’episodio che ci interessa15.

Viene a questo punto spontanea una domanda: “Ma perché Laura Seghettini dice che la sentenza del processo è pronunciata da Antonio Cabrelli ‘Salvatore’? Forse sbaglia Laura?”. A mio parere, è molto difficile dimenticare chi condanna a morte il compagno (“Facio”) che ti sei scelta. E, in questo caso, Laura non sbaglia. La spiegazione è un’altra. Risulta anche in Giulivo Ricci che, al momento della sentenza, ci furono comportamenti diversi, di assenso, dubbio, perfino qualcuno che forse si ritirò dal giudizio. E’ plausibile che Nello Scotti non si sia identificato completamente nella sentenza, si sia ritirato (ma di ciò non c’è traccia nel documento da me esaminato, in cui, se mai, tale nomina diventa un titolo in positivo) e che perciò la situazione sia stata presa in mano da Antonio Cabrelli16, il quale, probabilmente, nel corso del processo, aveva rivestito il ruolo di Pubblico Ministero17.

Il cenno che, nelle “Osservazioni”, Nello Scotti fa ad una sua malattia per cui è rimasto nella zona costiera18 è inoltre molto utile per identificarlo con “Alda”. Infatti, in un documento successivo al 3 agosto 1944, relativo al drammatico rastrellamento avvenuto in tale data, Luciano, figlio di Nello Scotti, parla della malattia del padre, ma non lo nomina, probabilmente per le regole della clandestinità con il nome (e, tanto meno, con il cognome), bensì chiamandolo “Alda”19. La lettera20 è rivolta al PCI, e Scotti parla di “Alda”21 non solo come di persona prossima a se stesso, ma anche ben conosciuta dai destinatari.

In finale occorre osservare, per completezza, che la militanza di Nello Scotti, nonostante il suo riferirsi a opere successive al 3 agosto 1944, e questo lo fa nelle “Osservazioni”, non ha tuttavia un arco di tempo sostanziale per durata e/o opere, che gli consenta di avere la qualifica né di “Partigiano” né di “Patriota”. Infatti il suo nome non figura nel Registro Storico dei Partigiani e Patrioti della IV Zona Operativa e nemmeno nell’archivio IPartigiani d’Italia (v. Rubrica “Cerca”).

Arrivata a queste conclusioni, che non vogliono essere definitive, sebbene le reputi abbastanza vicine a come potrebbero essere andate le cose, mi sono anche detta che Nello Scotti avrebbe potuto dichiarare il falso, insomma non essere stato Presidente del Tribunale ad Adelano, ecc., per cui cadrebbe tutto il ragionamento fatto. Credo, però, che mettere in atto un dubbio metodico, quando si fa ricerca storica, sia un bene, ma voler a tutti i costi ipotizzare “a posteriori” una costruzione fatta solo di sospetti, non faccia bene della storia…

1 Ho potuto scrivere questo intervento, che diventerà, nel libro sulla “Vanni”, un piccolo ma importante inserto, grazie all’impegno di Oretta Jacopini (ANPI-La Spezia) la quale mi ha consentito di leggere (e fotografare) un documento riguardante Nello Scotti. Oretta Jacopini ha infatti fotografato l’originale, giacente nell’Archivio privato di Lorenza Rocca, cognata di Luciano Scotti “Vittorio”, Comandante della I Divisione “Liguria-Picchiara”, IV Zona Operativa, nonché figlio di Nello Scotti.

2 L’Istituto Spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea /ETS mi ha incaricato di scriverla, individuando come data di uscita il 2024 (80° della Brigata “Vanni”), nell’ambito della ricorrenza del triennio 1943-1945, in corrispondenza all’arco 2023-2025.

3 Sebbene qualcuno parli di “verità” riguardo alla vicenda: la parola “verità” ricorre infatti, come si può notare, in almeno due titoli della bibliografia citata alla Nota 6.

4 Preposizione al femminile perché, nel luglio 1944, essa è Brigata, diventando Battaglione solo dopo qualche mese, a seguito della formalizzazione della IV Zona Operativa.

5 V. Salsi, Massimo, Il pezzo mancante. Una spy story nella Resistenza italiana, Albatros, 2022.

6 Il documento rinvenuto può infatti aiutarci a fare ipotesi plausibili anche a proposito della reazione di Nello Scotti.

7 Alcuni, in genere più anziani di me, mi dicevano di averlo sentito nominare, ma occorreva capire se l’arco di tempo in cui era vissuto fosse congruente al processo. Ricordo anche che la sua esistenza non era stata messa in dubbio dai seguenti Autori che si sono occupati del processo a “Facio”, e che sono, in ordine cronologico: Giulivo Ricci “La storia della Brigata Matteotti-Picelli”, ISRSP (1978), Spartaco Capogreco “Il piombo e l’argento. La vera storia del partigiano Facio”, Donzelli Editore (2007); Maurizio Fiorillo “Uomini alla macchia. Bande partigiane e guerra civile. Lunigiana 1943-1945, Editori Laterza (2010), Luca Madrignani “Il caso Facio. Eroi e traditori della Resistenza”, il Mulino (2014), Pino Ippolito Armino “Indagine sulla morte di un partigiano. La verità sul comandante Facio”, Bollati Boringhieri (2023), né, tanto meno, da Laura Seghettini, compagna di “Facio”, quindi testimone coeva, in “Al vento del Nord. Una donna nella lotta di Liberazione” (a cura di Caterina Rapetti), Carocci, 2006. Tuttavia, quello che non risulta sempre chiaro dai libri è che cosa facesse Nello Scotti ad Adelano, se sia possibile identificarlo con “Alda” o se lui e “Alda” siano due personaggi diversi (v. dopo).

8 Secondo Laura Seghettini, quando lei entrò nella stanza del processo, vide Antonio Cabrelli “Salvatore” che, quale Presidente, pronunciava la sentenza.

9 Secondo taluni è uno tra gli attori della scena.

10 La richiesta segue un preciso questionario, prestampato e articolato in 4 pagine. Il riempimento è per la maggior parte dattiloscritto.

11 L’iscrizione al PCI era piuttosto complessa e passava, come si può vedere dallo stampato, per una serie di gradi di giudizio.

12 Sulla data della fondazione del Comando Unico affidato al Colonnello Mario Fontana, sappiamo che le date non sono univoche. Insomma, probabilmente Nello Scotti era nello Zerasco dal 1 luglio 1944, ma questa data non è coincidente con la fondazione del Comando Unico stesso (e con la pluralità di date con cui ci dobbiamo confrontare). E’ anche evidente che Scotti debba legare il Tribunale a qualche organismo formale e che perciò lo “appoggi” al Comando I Divisione, non certo alle Brigate afferenti.

13 Il testo è riportato come tale: “Economiche” è ellittico: va completato, forse, esplicitando in “condizioni economiche”. Le citazioni, comprese doppie, maiuscole e minuscole, punteggiatura, sono riportate come tali.

14 La domanda di iscrizione è controfirmata da due presentatori: Adriano Vergassola, vecchio comunista spezzino, e Terzo Ballani “Benedetto”, già noto e stimato Commissario Politico della Brigata “Cento Croci”. Il parere del Comitato di Cellula, a firma Aldo Franceschini, è favorevole, così quello del Comitato di Sezione a firma, se interpreto bene la scrittura, Quiriconi; infine, il Comitato Direttivo del Partito, a firma, Bruno Caleo, approva (Bruno Caleo “Fiumi”, già appartenente alla Brigata “Ugo Muccini”, è stato, nel secondo Dopoguerra, per un lasso di tempo non lungo, funzionario della Federazione provinciale del PCI spezzino).

15 Per essere ancora più esplicita: Nello Scotti non è nominato ed inviato dal CLN spezzino o dal Partito Comunista spezzino. Si trova ad Adelano (forse -ipotesi- perché il figlio, Luciano Scotti, sta per assumere un importante incarico: infatti diventerà Capo di Stato Maggiore della ormai nascitura I Divisione “Liguria”). Nella situazione determinatasi riguardo a “Facio”, Nello Scotti, vecchio iscritto al PCI (se la dichiarazione da lui resa per chiedere l’iscrizione corrisponde, nel riferimento al 1921, al vero) diventa, per anzianità, una sorta di garanzia, e viene nominato Presidente del Tribunale (per la composizione del Tribunale v. Nota 17).

16 Antonio Cabrelli “Salvatore”, comunista, ma in realtà sospeso da tale Partito, personaggio del tutto controverso, su cui tornerà il libro sulla “Vanni”: nominato nel luglio 1944 Commissario Politico della I Divisione “Liguria”, verrà poi sostituito dal comunista Tommaso Lupi “Bruno”.

17 Dal punto di vista giuridico, insomma, un pasticcio colossale. Antonio Borgatti “Silvio” giudicò, non a caso, tale Tribunale, come del tutto approssimativo.

18 In realtà, a mio parere, al solito, lo scritto è ellittico e l’espressione “costiera” va intesa come “zona di competenza della Brigata ‘Costiera’”. E’ utile, a tale proposito, un articolo on line di Giorgio Pagano (“Città della Spezia” – 24 marzo 2019) intitolato “24 marzo 1945, storia di un eccidio mai raccontato”, dove, riferendosi ad un grave episodio accaduto a Villa (Pignone), cita, traendolo dalle testimonianze raccolte, Nello Scotti, che, fermatosi a dormire a Villa, viene avvisato dell’arrivo dei fascisti. E quella, come dice lo stesso Pagano, era zona della Brigata “Costiera”.

19 Non era infrequente che, in clandestinità, gli uomini assumessero nomi di donne.

20 Gli estremi del documento saranno pubblicati quando uscirà il libro sulla “Vanni”.

21 Tra le varie elucubrazioni su “Alda”, c’è perfino chi l’ha identificato con un partigiano sarzanese che ha militato nelle formazioni autonome parmensi.

Ricerca storica e riflessioni (Battaglione garibaldino “Melchiorre Vanni”) #2

Battaglione “Vanni” e soprannomi: tra realtà e fantasia, tra essere e voler essere

a cura di Maria Cristina Mirabello

Premessa

Se esaminiamo storicamente, perché questo è il nostro compito, e tuttavia con occhio curioso ed umanamente partecipe, il lungo elenco di soprannomi che incontriamo in AISRSP, B 496, 76751, possiamo in un certo senso rapportarci al clima di un’epoca, quella degli anni Trenta/metà anni Quaranta, che si rispecchia spesso (non sempre) nei così detti “nomi di battaglia”. Come ben sappiamo, i partecipanti alla Resistenza assumevano (e comunque venivano invitati ad assumere), per confondere le tracce che a loro portassero nel disgraziato caso di delazioni, rinvenimenti di carte, catture, un altro nome, insomma un’identità diversa, con la quale, e frequentemente solo con la quale2, erano conosciuti dai loro stessi compagni (a meno che la mutua frequentazione non fosse precedente). E proprio riguardo a tale assunzione possiamo provare, attingendo dalle tracce documentali arrivate fino a noi, ad “organizzare” questi pseudonimi ed a fare qualche riflessione su che cosa significassero, avanzando anche ipotesi sul perché i vari patrioti decidessero di sceglierli. È evidente che, mentre per taluni soprannomi le nostre sono ipotesi suffragate da prove, per altri seguiamo una norma prudenziale, non pensando di avere necessariamente ragione.

Una tentativo di classificare i soprannomi

Per fare un po’ d’ordine in un universo che definire variegato è un eufemismo, data l’incredibile ricchezza di “alias”, diciamo innanzitutto, per procedere con qualche ordine, che alcuni “nomi di battaglia” si limitano a ripetere il nome di chi li assume. Ad esempio, tra gli altri, Astorre si chiama “Astorre”3, Fulvio ed Alfonso4 si denominano “Fulvio” ed “Alfonso”, Rodolfo ed Emo rimangono tali5, e così Alessandro6, oppure si ricorre ad un diminutivo del nome per cui Giuseppe diventa “Beppe”7, Giuliano8 diventa “Giulio”, Lorenzo diventa “Renzo”9, o, con piccola metatesi, Orlando diventa “Rolando”10, così come un Olivieri11 si chiama “Oliva”, accorciando il nome ed aggiungendo la prima lettera del cognome, o un Torti12 si muta in “Toti”, ed un Argilio si trasforma in “Argìa”13.

Molti sono i casi in cui il partigiano assume invece un altro nome, di persona: Marcello14 diventa “Walter”, Edo15 diventa “Dino”, Egidio diventa “Dante”16, e così via: a mio parere per questa assunzione sarebbe utile fare un’indagine, specie in famiglia o tra gli amici degli interessati, perché spesso risulta che il “nome di battaglia” abbia proprio questa derivazione, ma ciò richiederebbe un’indagine accurata che percorra la cerchia familiare o amicale, sebbene in taluni casi il nome possa avere una causa ancora diversa, ad esempio sia stato semplicemente scelto perché piaceva.

In genere, però, si dà ampio spazio, verosimilmente, a proiezioni della serie “Vorrei essere”, o “Vi dico in realtà chi sono”, “Questo è il mio programma”, “Questo è il mio personaggio preferito perché rappresenta…”, “Io vi sfido”, e così via.

Alcuni nomi possono ingannarci, sembrando in effetti appellativi di uso comune, ma, in realtà, andando a scavare, scopriamo che si tratta di personaggi letterari, protagonisti di libri a forte marcatura sociale, che hanno particolarmente colpito i lettori. E’ il caso del nome “Paolo”17, uno dei personaggi del libro “La Madre” di Maksim Go’rkij, stesso discorso per “Andrea”. A tale proposito, legati ad un riferimento letterario-politico o puramente politico, ricordiamo “Gorki”, come riporta l’originale dell’elenco, e “Lenin”18.

In taluni casi il soprannome è legato a circostanze del tutto estemporanee: è quanto succede, e ce lo dice lo stesso partigiano, per “Tardi”, che deve assumere appunto uno pseudonimo e non sa quale prendere, essendo arrivato dopo altri, i quali hanno assunto tutti i nomi che verrebbero in mente a lui, per cui, su suggerimento del partigiano “Falchetto”, si chiama semplicemente “Tardi”.

Per taluni si può ragionevolmente presupporre il richiamo a qualità che caratterizzano i portatori di essi, avvicinandoli a tratti in positivo del mondo animale: ecco allora la voce dialettale “Foin” (ma anche “Fuin”), cioè scaltro, veloce, un furetto19; e così “Lepre”20, che senza dubbio è assimilabile appunto ad una lepre, la quale non solo corre rapidamente, ma i cui piccoli sanno già correre ad un’ora dalla nascita; ed infine vale la stessa regola per “Falchetto”21, che ha la vista acutissima, come quella del falco. Ricordiamo a tale proposito anche “Lupo”22, “Cavallo”23, “Mosca”24 e “Gaina”25: in quest’ultimo caso il nome dialettale, che corrisponde a “gallina”, forse è stato assunto con una buona dose di autoironia o è stato attribuito da altri.

Esiste anche una vasta gamma di denominazioni riportabili a fenomeni naturali, con “Uragano”26, “Nebbia”27, “Fulmineo”28, “Fulmine”29, “Burrasca”30, “Saetta”31; nomi in genere riconducibili alla sfera della rapidità o del fuoco, quali “Freccia”32, “Fiamma”33, “Fuoco”34; ad armi (“Breda”35, che è una mitraglia, e “Raffica”36, strettamente a quest’ultima connessa), ma anche tali da suggerire qualità, atteggiamenti, aspirazioni o piglio personale (“Red”37, “Scalabrino”38, “Premura”39, “Libero”40, “Fido”41, “Vendetta”42, “Vampiro”43 e “Vampiro II”44, “Furia”45, “Solo”46, “Sceriffo”47), professioni nella vita reale (“Pompiere”48), una riconosciuta anzianità (“Zio”49). Riflettendo, possiamo dire che molti (non tutti) questi nomi richiamino fortemente il momento e le sue necessità (agire, mimetizzarsi, essere veloci, fare la guerra, vendicarsi, abbondando metafore inerenti ad una meteorologia perturbata, al fuoco ed al sangue).

Esistono anche vezzeggiativi di probabile origine familiare come “Sissi”50, forse “Tuli”51, o comunque di natura prettamente amicale, come “Picci”52, nonché nomi “minimalisti”, quali “Cito”53 (probabile voce dialettale, quindi priva di doppia “t”, per la quale si potrebbe presupporre la traduzione con il termine italiano “soldino”) o “Scampolo”54.

Per altri, il soprannome richiama la probabile città o il luogo geografico da cui provengono gli interessati: “Napoli”55, “Etna”56, “Ravenna”57, ne sono un esempio.

Reminiscenze storico-letterarie, in genere però legate a caratteristiche di coraggio o richiamanti comunque un mondo “ribelle” o caratterizzato da forza, sono ravvisabili in “Primula Rossa”58, “Athos”59, “Porthos”60, “Sandokan”61, “Kim”62, “Musolino”63, “Passatore”64. Come si vede, vanno alla grande Dumas, Salgari, ed il brigantaggio.

In quest’area è collocabile anche “Fanfulla”65, condottiero italiano, il più coraggioso nella disfida di Barletta dopo Ettore Fieramosca (con il dubbio però che chi ha assunto il nome, in realtà si riferisse, ironicamente, alla famosa canzone goliardica intitolata appunto “Fanfulla da Lodi”).

Anche il mondo dei fumetti e dei film ricorre: con “Gordon” che, chiaramente, si ispira a Flash Gordon66, così “Tarzan”67, “Gringo68”, “Buffalo Bill”69, “Tom”70.

Arrivano dal mondo antico e dalla mitologia classica “Enea”71, “Bruto”, “Marte”, “Apollo”72. Unico esempio, molto chiaro, da quello della musica, risulta essere “Puccini”73.

Al momento non decifrabile l’origine del soprannome “Lira”74 e “Ceppa”75.

Discorso a parte va fatto per il nutrito gruppo caratterizzato da nomi di russi che militano nel Battaglione “Vanni” e che risultano da più testimonianze e foto: il nome di battaglia di questi partigiani ripete il nome vero e proprio, e, purtroppo, ripetendolo, lo fa nelle forme grafiche più diverse, variando da un elenco all’altro, e ciò a causa della oggettiva difficoltà di trascrizione che determina in chi legge una difficoltà a seguirne le oscillazioni.

Detto tutto questo, chiudiamo con una nota curiosa e che deve metterci in guardia dal cadere in facili entusiasmi o collegamenti quando parliamo dei nomi di battaglia: è il caso di “Mina”76.

Il partigiano che lo portava era, a detta di tutte le testimonianze, intemerato e decisamente “esplosivo”, ma guai a stabilire una fin troppo banale relazione tra la denominazione ed il personaggio: egli si chiamò “Mina” per un motivo ben più romantico, visto che “Mina” è il diminutivo di Palmina, la sua amatissima fidanzata77.

Note

1 È stato selezionato questo elenco perché, probabilmente, tra i più completi (e comunque chiaro) nell’ambito di quelli disponibili, ma non è detto che in esso siano presenti tutti i partigiani del Battaglione “Vanni” (sono possibili non solo dimenticanze materiali nello stesso documento di Archivio, ma anche casualità dovute al fatto che partigiani presenti in un certo momento non ci sono in un altro e che la composizione del Battaglione è fluida nel corso del tempo).

2 Il fatto che spesso i compagni venissero conosciuti solo con un nome convenzionale ha determinato, anche nel Dopoguerra, confusioni riguardo a didascalie relative ad immagini di Archivio, dove spesso i vari personaggi sono indicati non con il nome e cognome ma con il nome di battaglia, per cui oggi, passato il tempo ed essendo in genere anagraficamente impossibile la presenza dei protagonisti, ci sono notevoli difficoltà ad individuarli.

3 Astorre Tanca.

4 Fulvio Buonriposi ed Alfonso D’Andrea.

5 Rodolfo Frassi ed Emo Rigotti.

6 Alessandro Azzati.

7 Giuseppe Meneghetti.

8 Giuliano Secchi.

9 Lorenzo Faggioni.

10 Orlando Lambertucci.

11 Angelo Olivieri.

12 Renzo Torti.

13 È inutile riportare tutti i casi di nomi che si ripetono come tali, essendo ciò non particolarmente utile per capire il clima dell’epoca (e del conflitto che si stava svolgendo). Si noti inoltre che, essendo stata riscontrata nella letteratura resistenziale presso molti combattenti l’abitudine di mimetizzarsi sotto nomi femminili, ciò ha tre riscontri nel Battaglione “Vanni” (almeno, per come si leggono i nomi, visto che alcuni non sono del tutto decifrabili). Due casi potrebbero essere quello di “Argìa”, principessa di Argo, anche se, talvolta, e quindi c’è qualche oscillazione, invece di “Argìa” si trova “Argì” (ambedue derivanti da Argilio), e quello di “Stella”, non si capisce però se riportabile ai corpi celesti, a una donna, alla stella molto evidente che, per come si legge in più di una testimonianza, i partigiani del Battaglione “Vanni” portavano sul berretto. C’è infine un terzo caso che riferiamo in fondo a questo testo. Comunque, nel caso di “Argìa” o “Argì” il partigiano è Argilio Bertella. Nel caso di “Stella” il partigiano interessato è Enzo Toracca.

14 Marcello Toracca.

15 Edo Scattina.

16 Egidio Panighetti. Si può pensare in questo caso anche ad un’origine dal mondo dei poeti.

17 Franco Mocchi. In questo caso la derivazione dal libro è acclarata grazie alla testimonianza delle figlie Sandra e Paola Mocchi, resa all’Autrice in data 8 febbraio 2023, e che, a stesura ultimata del libro, sarà pubblica. Si chiama “Andrea” ad esempio Piero Fedi.

18 In una formazione a forte (anche se non unica) marcatura ideologica comunista si potrebbe presupporre la presenza di molti soprannomi ascrivibili a tale universo, ma, in definitiva, essi sono decisamente minoritari.

19 Mario Avesani.

20 Ottavio Chiappini.

21 Saverio Sampietro (si trova scritto sia “Falco” che, più frequentemente, “Falchetto”).

22 Vincenzo Malmusi.

23 Franco Mussi.

24 Giovanni Uras.

25 Paolino Lorenzini.

26 Giulio Vasoli.

27 Euclide Folloni.

28 Augusto delle Piane.

29 Fernando Arzà.

30 Fulvio Fratoni (nel documento base, erroneamente, è scritto Frattoni).

31 Ezio Gualdi.

32 Giovanni Bolognani.

33 Luciano Carozzo.

34 Carlo Tamburini.

35 Adriano Rapallini.

36 Mario Lanfranchi.

37 Scritto anche “Redd”: fa pensare ad un colore ideologico ma anche fisico, riguardante i capelli. Il partigiano è Salvatore Serra.

38 Un diavolo, furbo, accorto. Il partigiano è Adolfo Righi.

39 Aldo Tamburini.

40 Sergio Richerme.

41 Ugo Giorgi.

42 Secondo Godani.

43 Antonio Venturini.

44 Sergio Mazzi.

45 Fausto Francesconi.

46 Mauro Vesigna.

47 Per “Sceriffo” si può pensare anche al mondo dei film western. Il partigiano è Duilio Lanaro.

48 Tale era in effetti il mestiere di colui che così era chiamato. Si tratta del partigiano Paolo Grillo.

49 Tale motivazione è confermata dall’anno di nascita della persona, 1904, quindi decisamente più anziana (v. articolo precedente sulle classi di età presenti nella “Vanni”) rispetto ai compagni.

50 Salvatore Briata.

51 Luciano Toracca.

52 Silvano D’Imporzano.

53 Cesare Del Santo.

54 Agostino Poli.

55 Domenico D’Auria.

56 Giovanni Giangreco.

57 Giovanni Petrolici.

58 Eugenio Lenzi.

59 Primo Lucianetti.

60 Bononi Duilio.

61 Ciro Rossi.

62 Angelo Lanaro.

63 Lino Baldassini.

64 Alfredo Giuntoli.

65 Fulvio Cantono.

66 Serie di fumetti di fantascienza uscita nel 1934 che sarà pubblicata in America per quasi settant’anni. Il nome del partigiano è Aldo, il cognome illeggibile.

67 Ivo Roffo.

68 Francesco De Biasi.

69 Vittorio Brizzi.

70 Per “Tom” l’origine potrebbe essere l’attore Tom Mix, protagonista dei primi film “western” muti, assai noto agli occhi del pubblico, e morto nel 1940. Il nome del partigiano è Piero Lucchesi.

71 Enea è nome abbastanza in uso nel periodo, e per il quale si potrebbe anche presupporre l’assunzione in quanto derivante da ambito amicale o familiare. Il nome del partigiano è Aureliano Rovere.

72 Più chiara la motivazione di “Bruto”, visto come difensore della libertà repubblicana, e di “Marte”, dio della guerra, molto meno chiara quella di “Apollo”, e comunque riconducibile sia ad una metafora bellica e luminosa (le frecce di Apollo che viaggia sempre con la faretra e che si identifica con la luce) o estetica. “Bruto” è Bruno Ruggia, “Marte” è Amedeo Bruschi, “Apollo” è Giuseppe Mirabello.

73 Roberto Rollando.

74 Franco Colombo. La figlia, Saura Colombo, da me intervistata il 20 febbraio 2023, non ha indicato la motivazione del soprannome.

75 Per “Ceppa” si potrebbe pensare ad un’origine arborea (e quindi la parte della pianta da cui si dipartono le radici, insomma, il basamento).

76 Otello Binasco.

77 L’origine del soprannome è emersa nel corso del colloquio precedentemente citato tra l’Autrice e le sorelle Sandra e Paola Mocchi, figlie di Franco Mocchi, Commissario Politico del Battaglione “Vanni”, ed è stata confermata da Loredana Binasco, figlia di “Mina”, in data 22 febbraio 2023.

Ricerca storica e riflessioni (Battaglione garibaldino “Melchiorre Vanni”) #1

A cura di M. Cristina Mirabello

Premessa

Tra le formazioni partigiane della IV Zona Operativa, la Brigata garibaldina (poi Battaglione) “Vanni”1 non ha ancora una storia.

Esiste infatti, al momento, solo una sintesi delle sue importanti vicende, pubblicata nel nostro sito a cura di M. Cristina Mirabello.

L’Istituto Storico Spezzino sta lavorando perciò alacremente e concordemente, grazie all’apporto di più persone, in vista dell’80° della fondazione della Brigata (giugno 1944-giugno 2024), per colmare tale lacuna, raccogliendo dati, così da procedere, in base ad essi, a riflessioni: insomma, per fare storia e storiografia.

I dati, come si può ben capire, sono di varia natura: tra essi, particolarmente importanti, quelli attinti dall’Archivio storico del nostro Istituto, purtroppo solo in parte digitalizzato.

Nel corso dei mesi, prima della pubblicazione della storia vera e propria, ci proponiamo comunque di fornire qualche piccola anticipazione del lavoro in corso.

Prima puntata

Un esempio minimale del rapporto tra dati e riflessioni

Esame del documento AISRSP, Fondo II, Attività Militare bis, Comando Brigata Garibaldi Melchiorre Vanni, B 496, 7673, 7 settembre 1944

La Brigata “Vanni” (in un primo tempo, circa fino alla formazione del Comando Unico spezzino nell’ultima decade di luglio 1944, “Signanini”) è di aderenza garibaldina.

Ecco i quesiti con cui abbiamo interrogato i dati:

La prima domanda è stata: l’aderenza garibaldina, e quindi la coloritura di area comunista della Brigata, trovano una rispondenza nella sua composizione sociale?

La seconda domanda è stata: quali sono le classi di età maggiormente rappresentate nella Brigata?

La terza domanda è stata: a quali date risalgono le adesioni alla Resistenza dei componenti della Brigata?

La quarta domanda è stata: la Brigata presenta partigiani solo italiani?

Per rispondere a queste domande abbiamo esaminato un documento del settembre 1944. Tuttavia, prima di esporre che cosa ne abbiamo ricavato, diciamo che, nel settembre 1944, la Brigata “Vanni”, che ha già subito il rovinoso rastrellamento del 3 agosto 1944, cambiando, dopo di esso, anche il suo originario Comandante Primo Battistini “Tullio”, si sta faticosamente ricostituendo, dando luogo nel contempo ad alcune importanti azioni.

Ed ecco che cosa abbiamo ricavato dal documento

In data 7 settembre 1944 la Brigata “Vanni” risulta composta da 131 uomini (per 4 il cognome denota un’origine probabilmente russa).

Di due partigiani italiani risulta solo il nome e cognome senza data di nascita, paternità, maternità, professione, data di entrata nella Resistenza. Di altri tre partigiani italiani ci sono dati incompleti.

Dal punto di vista sociale, in ordine decrescente come numeri, abbiamo:

  • Operai 82 (di cui 72 non specializzati e 10 specializzati)
  • Contadini 13
  • Braccianti 3
  • Studenti 7
  • Geometri 2
  • Impiegati 3
  • Commercianti 2
  • Autisti 2
  • Carabinieri 2
  • Radio telegrafista 1
  • Maestro 1
  • Vigile del fuoco 1
  • Muratore 1
  • Falegnami, Barbieri, Cuochi, Fornai, Panettieri, Macellai, Armaioli, Sarti (ogni mestiere è rappresentato da una sola unità) 8

Le classi di età in ordine decrescente per consistenza sono:

1921 20 unità
1923 20 unità
1924 17 unità
1925 17 unità
1926 13 unità
1922 8 unità
1919 7 unità
1913 3 unità
1916 5 unità
1920 5 unità
1917 3 unità
1927 3 unità
1906 2 unità
1928 1 unità
1929 1 unità
1898 1 unità
1905 1 unità
1908 1 unità
1909 1 unità
1918 1 unità

Il più anziano partigiano della Brigata risulta nato nel 1898. Il più giovane nel 1929.

Le classi 1920-1926 sono rappresentate da 95 unità, quindi comprendono la stragrande maggioranza della Brigata composta da 131 uomini.

Data di adesione alla Resistenza

Sebbene per alcuni uomini manchino i dati dell’entrata nel partigianato ai monti, si può sottolineare come la maggior parte di essi vada ai monti tra giugno e luglio 1944. Esistono anche partecipazioni precedenti o molto precedenti al fenomeno resistenziale (la più precoce risale all’8 settembre 1943). Si registra una entrata di elementi abbastanza significativa dopo il rastrellamento del 3 agosto 1944 ed i mutamenti notevoli avvenuti nella Brigata. I quattro partigiani di probabile origine russa risultano in forza alla Brigata dal 6 settembre 1944, e, sempre in tale data, risultano essere entrati in forza altri 11 italiani. Tale dato confermerebbe quanto il Comandante Duilio Lanaro ed il Commissario politico Giovanni Albertini dichiarano in documenti coevi riguardo all’incremento della Brigata nel settembre 1944.

Note

1 Brigata “Vanni” fino alla formalizzazione della IV Zona Operativa (poi Battaglione “Vanni”).