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Ricerca storica e riflessioni (Battaglione garibaldino “Melchiorre Vanni”) #4

Apporto internazionale alla Resistenza spezzina: il caso della Brigata, poi Battaglione “Vanni”1

A cura di Maria Cristina Mirabello

L’apporto di stranieri alla Resistenza italiana e spezzina è cosa ormai nota2, fatto più particolare è che nel Battaglione “Vanni” ci fosse un Distaccamento composto tutto da elementi russi3.
Già nell’organico della Brigata Vanni4, datato settembre 1944, possiamo individuare, in fondo all’elenco, quattro nominativi di chiara origine russa. Ad essi dovettero aggiungersene altri5: a riprova di ciò abbiamo alcune pagine del partigiano Saverio Sampietro “Falchetto”, che ne parla diffusamente, aggiungendo particolari interessanti, sia sul numero, accresciutosi in cammino, sia sulle caratteristiche umane e di combattimento che li denotavano.

I russi vengono introdotti nella testimonianza di “Falchetto”6 in occasione di uno dei rari lanci effettuati dagli inglesi per la “Vanni”7, perché i componenti della missione inglese si erano impossessati di molti bidoni8 e, in tale frangente, i russi spararono loro addosso dicendo che erano capitalisti. Proseguendo, “Falchetto” afferma che venne deciso di formare una squadra con i russi che erano nella Brigata, e scrive9:

“Mi pare che avessero raggiunto il numero di 1310. Io dovevo essere il Comandante, ma rifiutai accettando l’incarico di Commissario, mentre il comando venne assunto da ‘Sergei’11, un ufficiale dell’Armata rossa…
Un ragazzo veramente in gamba (nativo di Tiflis sul Mar Nero) ed usava il mortaio in una maniera spettacolare…
Nella squadra dei russi, ricordo vi era oltre che a Sergei, ‘Tacibaio’12 originario dell’Afganistan che a suo dire era addetto ai trattori di un kolchoz, ‘Iasibaio’13 pure di origine mongoloide [Sic!], ‘Mirzaief’14 di origine caucasica il quale aveva sul corpo almeno dieci ferite e con un passato degno di un romanzo, un ragazzo che poteva essere alto m.1, 40, di una sveltezza, intelligenza e tenacia non comuni.
Sembrava una volpe, era stato fatto prigionieri dai tedeschi in Ucraina e portato in Polonia, da dove era scappato con i partigiani polacchi. Ferito e ripreso prigioniero in qualità di addetto ai quadrupedi era stato portato in Francia, da dove scappato era andato con i partigiani francesi.
Ferito e rifatto prigioniero, sempre quale addetto ai quadrupedi, era stato portato in Italia, da dove era scappato con gli altri suoi compagni ed era venuto con noi. Ricordo che vi era poi il caro e compianto ‘Ivan’, caduto poi durante il rastrellamento del 20 gennaio 45…
Era un ragazzo di 19 anni, alto almeno m.1,85 di origine caucasica con i capelli neri e lineamenti mediterranei, tanto che sembrava un meridionale, molto intelligente, serio ed affettuoso. Non mi lasciava mai e sembrava la mia guardia del corpo.
Vi erano, poi che ricordo, ‘Sultan’15 e un altro compagno russo anziani originari di Mosca, due maestri elementari, i quali mi parlavano sempre della loro casa lontana, dei figli della famiglia e delle loro tradizioni ed usanze.
Non ricordo i nomi degli altri cari compagni, ma mi rimase impresso il fatto che io credevo che questi russi fossero tutti comunisti, rimanendo meravigliato quando seppi che di questi 13 russi solo uno era iscritto al Partito Comunista ed era Tacibaio, mentre Sergei, che era oltre che un ufficiale anche un ingegnere, i due maestri di Mosca e gli altri, non erano iscritti e mi dicevano che in Russia per poter essere iscritti al Partito Comunista, bisogna esserne veramente degni, essere dei cittadini modello e che era un alto onore.”

A proposito dei rapporti umani “Falchetto” dice che la sera, intorno al fuoco, era particolarmente colpito dalle canzoni nostalgiche che cantavano e dalla loro tristezza per essere lontani da casa.

Tutti insieme inoltre, i russi nella loro lingua e gli italiani nella loro, cantavano la canzone “Mamma” e da tutto ciò si poteva trarre la riflessione che, nonostante l’abbrutimento derivante dalla guerra, albergassero in tutti i combattenti sentimenti di affetto verso i parenti, la casa ed i luoghi natii.

Passando alle caratteristiche più propriamente inerenti al modo di combattere, “Falchetto”, dice, a proposito dei russi inseriti nella Brigata “Vanni”:

“Inoltre vi era l’apporto dell’esperienza militare della mia squadra di russi, tutti combattenti incalliti e militari perfetti che si trovavano a completo loro agio nella Brigata. Ricordo le postazioni fatte da questi compagni russi sul Monte Zignago a ferro di cavallo che avevano riscosso dopo il 20 gennaio 1945, l’ammirazione degli stessi tedeschi quando sono riusciti a raggiungere la quota.”

Quanto ai comportamento e alla disciplina del Distaccamento russo, “Falchetto” ricorda il caso di ‘Mirzaief’. Quest’ultimo, nel corso di un pattugliamento notturno, aveva bevuto più di un bicchiere di grappa offerto dal fornaio di Serò e, probabilmente anche perché il suo stomaco era abbastanza vuoto a causa del vitto assai scarso, si era ubriacato, per cui Sampietro lo aveva redarguito.

Al Comando, “Ivan” e “Tacibaio”, che avevano sentito, informarono il Comandante Sergei, il quale voleva punirlo duramente, ma “Falchetto” aveva interceduto a suo favore, facendo presente che l’ubriacatura era probabilmente dovuta allo stomaco vuoto.

Tuttavia, sempre “Mirzaief”, rientrato qualche giorno dopo alle quattro del mattino da una guardia, insieme a “Falchetto” e ad altri, intirizziti per il freddo e con i crampi allo stomaco per la fame, aveva allungato nel buio la mano per impossessarsi di una manata di castagne secche16.

Essendo stato visto, a fronte di tale atto, i russi decisero che, poiché tale sottrazione privava gli altri di qualcosa che era comune, Mirzaief doveva essere fucilato. “Falchetto” chiese però di aspettare fino a quando non si fosse riunito il Comando della Brigata.

Dalla riunione emerse che i russi erano irremovibili sulla fucilazione. Si disse loro che il gesto di Mirzaief era deprecabile ma che la Brigata non poteva essere privata di un buon combattente. Alla fine, come scrive “Falchetto”:

“’Mirzaief’ venne condannato al palo mi pare per uno o due giorni e non ricordo bene se gli vennero inflitte 12 o 13 frustate quante erano le castagne secche rubate o una frustata per ogni russo, data dagli stessi.”

Sappiamo, sempre grazie alla testimonianza di “Falchetto”, ma anche grazie a uno scritto di Franco Mocchi “Paolo”, che il russo “Ivan” era presente durante l’attacco alla caserma di Borghetto Vara17 e che, rimasto ferito, venne portato via con il trucco del boscaiolo18. Ed ancora “Falchetto”, nella sua testimonianza, parlando del rastrellamento del 20 gennaio 1945, ricorda che “Ivan” morì nel corso di esso19.

Il Distaccamento russo, sempre basandoci sulla testimonianza di Saverio Sampietro, esiste dunque durante il rastrellamento del 20 gennaio 1945 e, con riferimento a documenti di Archivio che possediamo, è considerato in forza ancora al 7 febbraio 1945.

C’è infatti un organico del Battaglione20 che ne riporta i nomi. Li elenco qui, per come li leggo, sottolineando nuovamente il fatto che ci sono forti dubbi riguardo alla correttezza grafica, ma che, non avendo fonti sicure di confronto, mi attengo a quanto recita il documento.
La lista, da me trascritta, segue fedelmente il documento originale; esso non ha un ordine alfabetico, e mette al primo posto il soprannome, poi il cognome e il nome: “Ararat” Uganescia Ararat, “Sultano” Sultan Papba, “Mirzaief” Umar Mirzaief, “Tacibaio” Giamel Tacibaio, “Zachirof” Charin Zachirof, “Iacibaio” Alicul Iacibaio, “Ivan” Rasolo Ivan21, “Daulato” Macmadale Daulato, “Alessandro” Illic Alessandro, “Nicolai” Covaliescki Nicolaio, “Radion” Cerniscio Radion, “Mamedof” Mamedof Alì, “Sergio” Ghevorchian Serghe, “Vassilli” Ghemeciuk Vassilli.

I russi vivono con il Battaglione “Vanni” il rastrellamento del 20 gennaio 1945, ma, in realtà, non ritornano a Pieve di Zignago dopo di esso22. Lo sappiamo da una serie di documenti di Archivio23: i russi, secondo l’elenco in tutto 14, a un certo punto non ci sono più.

Abbiamo notizia certa di ciò in carte successive. Giuseppe Grandis “Gisdippe”24, Ispettore della I Divisione “Liguria-Picchiara” va a ispezionare il Battaglione “Vanni” il 1 marzo 1945 e, nella sua articolata Relazione25, scrive:

“Non ritenni opportuno ispezionare i 16 26uomini dislocati al Chiaro di Mangia perché il reparto si trova disorganizzato in seguito all’improvviso ordine che porta via i russi dal Distaccamento, per far loro attraversare le linee27.”

In un documento immediatamente successivo28, il Comandante del Battaglione “Vanni”, Astorre Tanca, riferendosi alla visita di “Gisdippe”, per quanto riguarda il Distaccamento dei russi, osserva:

“L’Ispettore dichiara di non ritenere opportuno ispezionare gli uomini dislocati nel fondo Valle del Mangia poiché, dice, si trova disorganizzato in quanto non ci sono più i 1329 russi. La partenza dei 13 russi ha soltanto diminuito la forza effettiva del reparto, non l’ha affatto disorganizzato.”

Il documento non ha data ma, siccome la morte di Astorre Tanca (che firma il documento stesso) avviene il 4 marzo 1945, è presumibile ascrivere all’arco di tempo 2-3 marzo 1944 la risposta del Comandante.

Per capire se tutto il Distaccamento sia partito30, la mia ricerca si è estesa all’intero Registro Storico dei Partigiani e Patrioti della IV Zona Operativa: grazie ad essa, ho individuato alcuni nomi dei russi, già appartenenti al Battaglione “Vanni”, scritti in modo ancora diverso, ma riconoscibili grazie alla data di nascita coincidente, in altre formazioni partigiane (“Giustizia e Libertà” e Battaglione “Pontremolese”), in cui hanno avuto il riconoscimento ufficiale a fine guerra31.

Il Distaccamento32 russo del Battaglione “Vanni” (Archivio privato di Sandra e Paola Mocchi)

Note

1 La documentazione completa della vicenda sarà nel libro sul Battaglione “Vanni”, che sto attualmente scrivendo. L’articolo è dunque una sintesi di quanto al momento accertato. Riconosciuti nel Battaglione “Vanni” e presenti nel Registro “Partigiani e Patrioti della IV Zona Operativa” sono anche due polacchi, sui quali tornerò in un altro articolo, per altre vicende.

2 Per l’apporto di stranieri alla Resistenza spezzina, v. l’elenco in https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2022/08/Partigiani-o-Patrioti-stranieri.pdf (NB: l’elenco comprende solo i vivi, che hanno chiesto il riconoscimento di partigiano o patriota, dopo la Liberazione).
Per narrazioni sulle vicende inerenti a stranieri che hanno partecipato alla Resistenza spezzina, in alcuni casi sacrificando la vita, v.: Greppi, Carlo, Il buon tedesco, Laterza, 2021 (focalizzato fondamentalmente sulla figura di Rudolf Jacobs, tedesco e partigiano della Brigata “Muccini”, Medaglia d’argento al VM alla memoria); Pagano, Giorgio, Raccontatela per bene la nostra Resistenza (https://www.patriaindipendente.it/finestre/raccontare-per-bene-la-nostra-resistenza/), 26 aprile 2022.

3 Cioè sovietici, visto che appartenevano all’esercito dell’URSS. Adottiamo il termine “russi” perché viene usato comunemente da chi li ricorda. In realtà il termine non è onnicomprensivo delle varie nazionalità dell’URSS, cui essi appartenevano.

4 AISRSP, Fondo II, Attività Militare bis, Comando Brigata Garibaldi Melchiorre Vanni, B 496, 7673 A.

5 Si aggiungono, ma anche se ne vanno, o muoiono. Un russo, di nome Ivan (Rabez), presente a settembre, muore nel rastrellamento dell’8 ottobre 1944, avvenuto nel Calicese. V. anche nota 28.

6 Saverio Sampietro “Falchetto”, testimonianza in AISRSP (Miscellanea), 1974.

7 Dicembre 1944?

8 Secondo “Falchetto” i partigiani della “Vanni” lasciarono agli inglese i bidoni contenenti generi di conforto e vestiario, non rinunciando però a quelli contenenti armi e munizioni.

9 Nei brani citati non sono state apportate correzioni grafiche di alcun tipo, se non per la parola “kolchoz” ed “Armata”. Problematica è la questione dei nomi: li citiamo per come Sampietro li scrive, in forma sicuramente errata o parzialmente errata nella trascrizione dal russo all’italiano. Non è possibile fare un raffronto completo tra come egli li riporta e per come essi si trovano in documenti ufficiali, quali ad esempio il Registro storico dei partigiani e patrioti della IV Zona Operativa, o nel sito https://partigianiditalia.cultura.gov.it/, essendo la maggior parte di tali nomi non rintracciabile in queste fonti. C’è, d’altra parte, fondato dubbio che anche l’ortografia del Registro, così come quella delle schede riportate in https://partigianiditalia.cultura.gov.it/, sia errata o parzialmente errata.

10 Paola e Sandra Mocchi, figlie di Franco Mocchi “Paolo”, Commissario Politico del Battaglione “Vanni”, mi hanno consegnato due fotografie dei russi: in una si contano 11 uomini, nell’altra 15. Ho scelto di pubblicare quella con il gruppo più numeroso, fidando che lì ci fossero tutti i russi (con la probabile presenza di un italiano).

11 “Falchetto” lo scrive così; nell’elenco che diamo successivamente è “Sergio” Ghevorchian Serghe. In modo ancora diverso appare nel Registro storico dei Partigiani e Patrioti della IV Zona Operativa, dove risulta Gevorchian.

12 “Tacibaio” Giamel Tacibaio, secondo l’elenco che diamo successivamente.

13 “Iacibaio” Alicul Iacibaio, secondo l’elenco che diamo successivamente.

14 “Mirzaief” Umar Mirzaief, secondo l’elenco che diamo successivamente.

15 “Sultano” Sultan Papba, secondo l’elenco che diamo successivamente.

16 Per capire la gravità del gesto, si tenga conto di quello che sempre “Falchetto” dice nello stesso scritto, a proposito della dieta dei partigiani: “Da parecchio tempo, la razione giornaliera era di una coppetta di farina di castagne bollita senza sale (la così chiamata ‘patona’ [NdA: pattona] o ‘papetta’) e alla sera una manata di castagne secche, che potevano essere 10-15 a seconda della grossezza. Ricordo che la mia squadra di russi ne aveva una certa quantità che doveva bastare per un certo periodo.”

17 1 gennaio 1945.

18 AISRSP, Fondo II, Attività Militare bis, Serie 9, Comando Brigata Garibaldi “Melchiorre Vanni”, B 492, 7606.

19 Sulle circostanze della sua morte esistono versioni differenti, che riporterò nel libro sulla Brigata.

20 AISRSP, Fondo II, Attività Militare bis, Serie 9, Comando Brigata Garibaldi “Melchiorre Vanni”, B 496, 7675. Come già detto, nomi russi erano comparsi in un organico della Brigata “Vanni” del settembre 1944 (AISRSP, Fondo II, Attività Militare bis, Comando Brigata Garibaldi Melchiorre Vanni, B 496, 7673). Essi non coincidono però con quelli indicati da Saverio Sampietro e presenti nell’organico del 7-2-1945. Nell’organico del settembre 1944, ammesso che i nomi siano corretti come trascrizione, abbiamo infatti Solar Ivan, Poridnoi Fredor, Roglj Dimitro, Rabez Ivan. In una nota, ho già osservato che Ivan Rabez muore durante il rastrellamento nel Calicese dell’8 ottobre 1944. Sempre a proposito di russi, c’è un episodio per cui alcuni di loro sarebbero stati con la “Vanni” già in precedenza. Viene infatti narrato da Renato Jacopini (e ripreso in un libro di Mauro Galleni) un episodio clamoroso, risalente al luglio 1944, quando un gruppo della Brigata “Vanni”, capeggiato da Eugenio Lenzi “Primula Rossa”, assaltò il magazzino di Ceparana. In quell’occasione vennero messi a guardia dei tedeschi catturati due partigiani russi (di cui uno, per come si legge nel testo, ucraino) che, fatti prigionieri dai tedeschi, erano fuggiti dopo l’8 settembre 1943 (v. “Canta il gallo”, di Renato Jacopini, pp.77-78, cit., e “Ciao, russi. Partigiani sovietici in Italia, 1943-1945” di Mauro Galleni, Marsilio Editore, 2001).

21 In realtà Ivan Rasolo è, all’epoca, già morto.

22 L’organico citato, del 7 febbraio 1945 è, in un certo senso, in ritardo, sul divenire delle cose. Il ritardo dipende dal fatto che, pur essendo tornata la formazione sulle sue postazioni nello Zignago, non era ancora chiara la situazione definitiva.

23 E di fonti diverse.

24 Giuseppe Grandis.

25 Fondo ANPI provinciale-La Spezia (consultato grazie a Oretta Jacopini).

26 Il numero 16 comprende, come si può facilmente capire, dai numeri dati in precedenza, non solo russi.

27 Qualcuno era andato in altre formazioni (v. dopo) e qualcuno, come dice Giuseppe Grandis, era andato oltre il fronte.

28 AISRSP, Fondo II, Attività Militare bis, Serie 9, Comando Brigata Garibaldi “Melchiorre Vanni”, B 489, 7594.

29 L’elenco, erroneamente, comprende ancora il nome di “Ivan” (Ivan Rasolo) morto, come già detto, durante il rastrellamento del 20 gennaio 1945. Ecco il motivo della differenza tra 13 e 14.

30 Si può osservare come gli organici in generale, e quindi, in particolare, quelli relativi ai combattenti stranieri, siano piuttosto mobili, sebbene una parte di essi permanga fino all’ultimo presso le varie formazioni della IV Zona Operativa. Tra quelli rimasti, sicuramente non tutti chiesero tuttavia nel Dopoguerra il riconoscimento della qualifica di “Partigiano” o “Patriota”.

31 Va aggiunto che alcuni compaiono come nome, ma senza riconoscimento, altri proprio non compaiono.

32 Da comparazione con altre fotografie dell’Archivio ISRSP, in cui è sicuramente presente Saverio Sampietro “Falchetto”, il primo, in piedi a sinistra, potrebbe essere proprio lui.

Ricerca storica e riflessioni (Battaglione garibaldino “Melchiorre Vanni”) #3

La storia è complicata, ma è inutile volerla complicare… Un piccolo esempio nel groviglio del processo a “Facio”

A cura di Maria Cristina Mirabello1

Lo studio del materiale alla base delle vicende della Brigata (poi Battaglione) “Melchiorre Vanni”2, o comunque riferito a fatti in qualche modo legati ad essa, ha dovuto necessariamente confrontarsi con un episodio drammatico, quello della fucilazione di Dante Castellucci “Facio”, Comandante del Battaglione “Picelli”. Infatti furono uomini della “Vanni”, comandata da Primo Battistini “Tullio”, ad essere usati come forza operante sul campo, ad Adelano di Zeri, e quindi ad essi fu poi demandata la fucilazione di “Facio”, all’alba del 22 luglio 1944.

Questo intervento non ha lo scopo di addentrarsi dentro al groviglio costituito, a mio parere ancora oggi3, dalla vicenda del processo (testi e contesti), cui sarà dedicato un Capitolo nel libro sulla4 “Vanni”, ma, semplicemente, di focalizzare un aspetto forse minore, e, tuttavia, a mio parere, storiograficamente importante.

In sintesi: chi era e che cosa faceva, nel luglio 1944, Nello Scotti, il cui nome ricorre nei libri sul processo? Ultimamente5 si è messa in dubbio addirittura l’esistenza di tale personaggio, avanzando ipotesi sull’uso del suo nome come copertura di una vera e propria eminenza grigia non spezzina, che agiva nello Zerasco: proprio perciò è bene indagare quale funzione Nello Scotti abbia realmente svolto in quella delicata fase.

Come si vede, le domande non pongono il quesito di quale sia stata la reazione, alla sentenza di condanna a morte di “Facio”, da parte dei vari membri del Tribunale (tra cui Nello Scotti), Tribunale peraltro criticato aspramente da Antonio Borgatti “Silvio”, all’epoca Segretario del PCI provinciale spezzino, per modalità di procedure, composizione e, quindi, esito finale6. Alla domanda sulla reazione, non posta in premessa, cercherò comunque di dare una qualche risposta.

Accingendomi alla ricerca, mi sono innanzitutto detta che, sebbene certe tematiche siano complesse e che, quindi, debbano essere trattate con molta cura, ciò non significa che occorra sempre formulare ipotesi complottistiche.

Ho deciso perciò di appurare, innanzitutto, l’esistenza fisica di Nello Scotti7, per capirne poi le vicende nel luglio 1944.

Devo onestamente dire che non sono riuscita a sbrogliare la faccenda fino a quando non ho potuto leggere il documento emerso, grazie a Oretta Jacopini, dall’Archivio privato, citato alla Nota 1: solo leggendolo ho infatti preso atto di che cosa facesse Nello Scotti in quei giorni del luglio 1944.

Ma, prima di passare al documento, vorrei rapidamente ricordare, e ce lo dice già Giulivo Ricci nei suoi scritti, specialmente nella “Storia della Brigata Matteotti-Picelli”, come non ci sia chiarezza sulla scena del processo svoltosi contro “Facio” ad Adelano, riguardo alle funzioni svolte dagli attori che vi compaiono, ad esempio su chi fece il Presidente8. In effetti le testimonianze in parte convergono e in parte divergono, non solo, non si capisce bene se “Alda”9 e Nello Scotti siano la stessa persona.

Contenuto del documento

Il documento è la richiesta10 (siglata dal numero 34) di iscrizione11 alla Federazione del PCI- La Spezia, Sezione Centro, avanzata, in data 10 giugno 1945, da Nello Scotti, nato il 12 luglio 1894 alla Spezia, ivi abitante, di professione impiegato in Municipio. Nello Scotti definisce la propria provenienza come “operaia”, la propria cultura “buona”, dichiara di avere frequentato la II Istituto Tecnico e di avere letto “Opere economiche, politiche, sociali dalla seconda metà dell’Ottocento alle attuali opere”. Afferma poi di essere stato iscritto al PSI fino al 1921 e, da tale data, al Partito Comunista, di non avere partecipato alla guerra di Spagna, né a quella di Abissinia, né ad Associazioni combattentistiche, d’arma e cooperativistiche.

Alla domanda se abbia appartenuto a formazioni patriottiche, risponde “Sì”, dal “1 luglio 1944 al 3 agosto 1944”, e poi alla domanda “In quale formazione?” indica “Comando I Divisione, quale Presidente Tribunale Rivoluzionario”, e, alla domanda “Al comando di chi’?” risponde “Colonnello Mario Fontana (Turchi)12.

Quanto alla sua attività economica e politica dall’8 settembre 1943 fino alla data della Liberazione, afferma “Economiche disagiate; politica nella zona costiera; in collegamento Comando Divisione13”. E, infine, al quesito riguardo a quale attività intenda dedicarsi, se politica, sindacale, religiosa, giovanile, risponde “Politica-Sindacale”.

Segue poi, nel Paragrafo “Osservazioni”, una lunga precisazione dattiloscritta: “Patriotta dal 1 luglio al rastrellamento 3-8-44, rimanendo nella zona costiera in seguito a malattia. In detta zona ho costituito CLN a Borghetto Vara, Pignone, Beverino. Cellule di Partito in zona di Pignone, Beverino, Borghetto Vara.

In Adelano (Zeri) nominato presidente Tribunale Rivoluzionario e ufficiale di collegamento con gli alleati (Maggiore Gordon Lett)14.”

Fermo restando che tutto il documento è importante, è anche evidente che, per l’oggetto specifico della ricerca, risultano rilevanti specialmente alcune affermazioni di Nello Scotti. Da esse infatti ricaviamo che: Nello Scotti nel luglio 1944 è nello Zerasco, dove è nominato Presidente del “Tribunale Rivoluzionario”. Poiché non risultano altri Tribunali in tale fase, se non quello che ha condannato a morte “Facio”, Nello Scotti si riferisce ad esso. Cercando di lavorare di cesello, si può notare che Nello Scotti si autodefinisce “nominato” e lo fa con riferimento puntuale ad Adelano: insomma, la nomina è inerente all’episodio che ci interessa15.

Viene a questo punto spontanea una domanda: “Ma perché Laura Seghettini dice che la sentenza del processo è pronunciata da Antonio Cabrelli ‘Salvatore’? Forse sbaglia Laura?”. A mio parere, è molto difficile dimenticare chi condanna a morte il compagno (“Facio”) che ti sei scelta. E, in questo caso, Laura non sbaglia. La spiegazione è un’altra. Risulta anche in Giulivo Ricci che, al momento della sentenza, ci furono comportamenti diversi, di assenso, dubbio, perfino qualcuno che forse si ritirò dal giudizio. E’ plausibile che Nello Scotti non si sia identificato completamente nella sentenza, si sia ritirato (ma di ciò non c’è traccia nel documento da me esaminato, in cui, se mai, tale nomina diventa un titolo in positivo) e che perciò la situazione sia stata presa in mano da Antonio Cabrelli16, il quale, probabilmente, nel corso del processo, aveva rivestito il ruolo di Pubblico Ministero17.

Il cenno che, nelle “Osservazioni”, Nello Scotti fa ad una sua malattia per cui è rimasto nella zona costiera18 è inoltre molto utile per identificarlo con “Alda”. Infatti, in un documento successivo al 3 agosto 1944, relativo al drammatico rastrellamento avvenuto in tale data, Luciano, figlio di Nello Scotti, parla della malattia del padre, ma non lo nomina, probabilmente per le regole della clandestinità con il nome (e, tanto meno, con il cognome), bensì chiamandolo “Alda”19. La lettera20 è rivolta al PCI, e Scotti parla di “Alda”21 non solo come di persona prossima a se stesso, ma anche ben conosciuta dai destinatari.

In finale occorre osservare, per completezza, che la militanza di Nello Scotti, nonostante il suo riferirsi a opere successive al 3 agosto 1944, e questo lo fa nelle “Osservazioni”, non ha tuttavia un arco di tempo sostanziale per durata e/o opere, che gli consenta di avere la qualifica né di “Partigiano” né di “Patriota”. Infatti il suo nome non figura nel Registro Storico dei Partigiani e Patrioti della IV Zona Operativa e nemmeno nell’archivio IPartigiani d’Italia (v. Rubrica “Cerca”).

Arrivata a queste conclusioni, che non vogliono essere definitive, sebbene le reputi abbastanza vicine a come potrebbero essere andate le cose, mi sono anche detta che Nello Scotti avrebbe potuto dichiarare il falso, insomma non essere stato Presidente del Tribunale ad Adelano, ecc., per cui cadrebbe tutto il ragionamento fatto. Credo, però, che mettere in atto un dubbio metodico, quando si fa ricerca storica, sia un bene, ma voler a tutti i costi ipotizzare “a posteriori” una costruzione fatta solo di sospetti, non faccia bene della storia…

1 Ho potuto scrivere questo intervento, che diventerà, nel libro sulla “Vanni”, un piccolo ma importante inserto, grazie all’impegno di Oretta Jacopini (ANPI-La Spezia) la quale mi ha consentito di leggere (e fotografare) un documento riguardante Nello Scotti. Oretta Jacopini ha infatti fotografato l’originale, giacente nell’Archivio privato di Lorenza Rocca, cognata di Luciano Scotti “Vittorio”, Comandante della I Divisione “Liguria-Picchiara”, IV Zona Operativa, nonché figlio di Nello Scotti.

2 L’Istituto Spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea /ETS mi ha incaricato di scriverla, individuando come data di uscita il 2024 (80° della Brigata “Vanni”), nell’ambito della ricorrenza del triennio 1943-1945, in corrispondenza all’arco 2023-2025.

3 Sebbene qualcuno parli di “verità” riguardo alla vicenda: la parola “verità” ricorre infatti, come si può notare, in almeno due titoli della bibliografia citata alla Nota 6.

4 Preposizione al femminile perché, nel luglio 1944, essa è Brigata, diventando Battaglione solo dopo qualche mese, a seguito della formalizzazione della IV Zona Operativa.

5 V. Salsi, Massimo, Il pezzo mancante. Una spy story nella Resistenza italiana, Albatros, 2022.

6 Il documento rinvenuto può infatti aiutarci a fare ipotesi plausibili anche a proposito della reazione di Nello Scotti.

7 Alcuni, in genere più anziani di me, mi dicevano di averlo sentito nominare, ma occorreva capire se l’arco di tempo in cui era vissuto fosse congruente al processo. Ricordo anche che la sua esistenza non era stata messa in dubbio dai seguenti Autori che si sono occupati del processo a “Facio”, e che sono, in ordine cronologico: Giulivo Ricci “La storia della Brigata Matteotti-Picelli”, ISRSP (1978), Spartaco Capogreco “Il piombo e l’argento. La vera storia del partigiano Facio”, Donzelli Editore (2007); Maurizio Fiorillo “Uomini alla macchia. Bande partigiane e guerra civile. Lunigiana 1943-1945, Editori Laterza (2010), Luca Madrignani “Il caso Facio. Eroi e traditori della Resistenza”, il Mulino (2014), Pino Ippolito Armino “Indagine sulla morte di un partigiano. La verità sul comandante Facio”, Bollati Boringhieri (2023), né, tanto meno, da Laura Seghettini, compagna di “Facio”, quindi testimone coeva, in “Al vento del Nord. Una donna nella lotta di Liberazione” (a cura di Caterina Rapetti), Carocci, 2006. Tuttavia, quello che non risulta sempre chiaro dai libri è che cosa facesse Nello Scotti ad Adelano, se sia possibile identificarlo con “Alda” o se lui e “Alda” siano due personaggi diversi (v. dopo).

8 Secondo Laura Seghettini, quando lei entrò nella stanza del processo, vide Antonio Cabrelli “Salvatore” che, quale Presidente, pronunciava la sentenza.

9 Secondo taluni è uno tra gli attori della scena.

10 La richiesta segue un preciso questionario, prestampato e articolato in 4 pagine. Il riempimento è per la maggior parte dattiloscritto.

11 L’iscrizione al PCI era piuttosto complessa e passava, come si può vedere dallo stampato, per una serie di gradi di giudizio.

12 Sulla data della fondazione del Comando Unico affidato al Colonnello Mario Fontana, sappiamo che le date non sono univoche. Insomma, probabilmente Nello Scotti era nello Zerasco dal 1 luglio 1944, ma questa data non è coincidente con la fondazione del Comando Unico stesso (e con la pluralità di date con cui ci dobbiamo confrontare). E’ anche evidente che Scotti debba legare il Tribunale a qualche organismo formale e che perciò lo “appoggi” al Comando I Divisione, non certo alle Brigate afferenti.

13 Il testo è riportato come tale: “Economiche” è ellittico: va completato, forse, esplicitando in “condizioni economiche”. Le citazioni, comprese doppie, maiuscole e minuscole, punteggiatura, sono riportate come tali.

14 La domanda di iscrizione è controfirmata da due presentatori: Adriano Vergassola, vecchio comunista spezzino, e Terzo Ballani “Benedetto”, già noto e stimato Commissario Politico della Brigata “Cento Croci”. Il parere del Comitato di Cellula, a firma Aldo Franceschini, è favorevole, così quello del Comitato di Sezione a firma, se interpreto bene la scrittura, Quiriconi; infine, il Comitato Direttivo del Partito, a firma, Bruno Caleo, approva (Bruno Caleo “Fiumi”, già appartenente alla Brigata “Ugo Muccini”, è stato, nel secondo Dopoguerra, per un lasso di tempo non lungo, funzionario della Federazione provinciale del PCI spezzino).

15 Per essere ancora più esplicita: Nello Scotti non è nominato ed inviato dal CLN spezzino o dal Partito Comunista spezzino. Si trova ad Adelano (forse -ipotesi- perché il figlio, Luciano Scotti, sta per assumere un importante incarico: infatti diventerà Capo di Stato Maggiore della ormai nascitura I Divisione “Liguria”). Nella situazione determinatasi riguardo a “Facio”, Nello Scotti, vecchio iscritto al PCI (se la dichiarazione da lui resa per chiedere l’iscrizione corrisponde, nel riferimento al 1921, al vero) diventa, per anzianità, una sorta di garanzia, e viene nominato Presidente del Tribunale (per la composizione del Tribunale v. Nota 17).

16 Antonio Cabrelli “Salvatore”, comunista, ma in realtà sospeso da tale Partito, personaggio del tutto controverso, su cui tornerà il libro sulla “Vanni”: nominato nel luglio 1944 Commissario Politico della I Divisione “Liguria”, verrà poi sostituito dal comunista Tommaso Lupi “Bruno”.

17 Dal punto di vista giuridico, insomma, un pasticcio colossale. Antonio Borgatti “Silvio” giudicò, non a caso, tale Tribunale, come del tutto approssimativo.

18 In realtà, a mio parere, al solito, lo scritto è ellittico e l’espressione “costiera” va intesa come “zona di competenza della Brigata ‘Costiera’”. E’ utile, a tale proposito, un articolo on line di Giorgio Pagano (“Città della Spezia” – 24 marzo 2019) intitolato “24 marzo 1945, storia di un eccidio mai raccontato”, dove, riferendosi ad un grave episodio accaduto a Villa (Pignone), cita, traendolo dalle testimonianze raccolte, Nello Scotti, che, fermatosi a dormire a Villa, viene avvisato dell’arrivo dei fascisti. E quella, come dice lo stesso Pagano, era zona della Brigata “Costiera”.

19 Non era infrequente che, in clandestinità, gli uomini assumessero nomi di donne.

20 Gli estremi del documento saranno pubblicati quando uscirà il libro sulla “Vanni”.

21 Tra le varie elucubrazioni su “Alda”, c’è perfino chi l’ha identificato con un partigiano sarzanese che ha militato nelle formazioni autonome parmensi.