Archivi tag: la spezia

Una giornata particolare: in occasione del 79° Anniversario del Rastrellamento del 20 Gennaio 1945

A cura di Sandro Centi

Il 20 Gennaio 1945 avveniva il rastrellamento nazifascista, che può essere correttamente definito come uno dei fatti d’arme più importanti per la Cronologia della IV Zona Operativa.

Il rastrellamento, spesso ingiustamente trascurato dalle cronache e dalla storiografia generale, è, in realtà, per molti versi, decisivo riguardo all’evoluzione della guerra in Italia, e quindi la sua rilevanza va ben oltre il territorio spezzino.

Mario Fontana, Comandante della IV Zona Operativa, nella sua “Relazione sull’attività operativa svolta dai reparti della IV Zona dal luglio 1944 al 25 aprile 1945” così descrisse quei giorni:

Questa azione [NdR: cioè il rastrellamento] preparata lungamente ed accuratamente eseguita con enormi forze dotate di moderno materiale da guerra, condotta con decisa volontà di liquidare definitivamente le formazioni patriote della IV Zona, costituisce un definitivo ed inglorioso scacco di tutte le speranze fasciste. Sono 20.000 uomini stupendamente armati che vengono irreparabilmente gettati sulle posizioni di partenza da 2.000 patrioti che oltre al loro coraggio, alla loro fede, al loro spirito di sacrificio, al desiderio di immolarsi per i principi della libertà non avevano che armi portatili individuali, talune delle quali, come lo Sten, li obbligavano a buttarsi sotto per poterle usare.”

Insomma, la superiorità tecnica nazifascista non poté nulla contro un movimento partigiano che, attraverso tappe non facili, non sempre lineari, più di una volta dolorose, aveva però maturato una consapevolezza con la quale si era mostrato in grado di fronteggiare un nemico tanto più potente.

Nella 79° ricorrenza del rastrellamento, se qualcuno volesse leggere una veloce sintesi delle vicende occorse alle varie Brigate, nel quadro della massiccia operazione nazifascista, segnalo: La “Battaglia del Gottero”, una vera epopea senza retorica, pubblicata da ISR/ETS La Spezia, particolarmente utile per “rispolverare” la storia.

Quest’anno, tuttavia, ISR/ETS può presentare una novità che va a completare la pubblicazione, approfondendo alcune questioni.

Infatti, sulla scorta di quanto ho letto e sulla base di ricerche fatte, ho delineato due Mappe tridimensionali, a colori, con l’obiettivo:

a) di rendere chiara agli occhi di chi legge la vasta area del rastrellamento stesso e le forze nemiche impiegate in esso;

b) di far comprendere l’epicità dello sganciamento attuato dai partigiani del Battaglione “Vanni”1 che, dopo avere combattuto, si diressero, come era stato ordinato loro dal Comando IV Zona Operativa, verso il Monte Gottero, completamente innevato, arrivando a sopportare temperatura di 20 gradi sotto zero.

La Mappa n.12 delinea l’area del rastrellamento e le forze in campo. Ho lavorato ad essa basandomi su testi già noti, ma integrandoli a seguito di mie riflessioni, per mettere in evidenza le direttrici della manovra, specificando, dove possibile, i reparti nazifascisti impegnati.

Mappa 1,  Rastrellamento 20-1-1945, IV Zona Operativa
Mappa 1: Rastrellamento 20-1-1945, IV Zona Operativa

La Mappa n.23 chiarisce invece come il Battaglione “Melchiorre Vanni” (Comandante Astorre Tanca “Astorre”4; Commissario Politico Franco Mocchi “Paolo”) riesca a salvarsi, dapprima combattendo duramente verso Bozzolo e poi nella zona di Zignago, sganciandosi, infine, con l’ascesa quasi proibitiva, a causa delle condizioni climatiche e ambientali, della fame e dei vestiti non adatti, verso il Monte Gottero.

Mappa 2, Sganciamento dallo Zignago del Battaglione "Vanni", andata e ritorno, 20-24 gennaio 1945
Mappa 2: Sganciamento dallo Zignago del Battaglione “Vanni”, andata e ritorno, 20-24 gennaio 1945

Il cammino percorso, sull’andata e sul ritorno, fu incredibilmente lungo come chilometri e incredibilmente corto come capacità oraria di percorrerli, nonostante l’itinerario impervio, e la durissima giornata di combattimenti del 20 gennaio, che pesava sulle spalle di quegli uomini.

Il Battaglione “Vanni”, dopo avere combattuto senza sbandamenti, si ritrovò infatti, come stabilito, a Pieve di Zignago (sera del 20 gennaio 1945): qui la popolazione5 diede, con spirito fraterno, ai partigiani, tutto quel poco, praticamente quasi niente, che aveva, per cibarsi. Lo sganciamento avvenne in modo ordinato, e tendenzialmente omogeneo: se ci furono delle diversificazioni nei tempi, e delle variazioni di piccoli gruppi, esse furono causate dalla eventualità onnipresente di imboscate, dalla durezza del cammino, nonché dalla fatica e dai sintomi gravi di congelamento in numerosi partigiani.

Comunque, il ritorno dei primi gruppi6, e sembra quasi incredibile, avvenne già alla mezzanotte del 24 gennaio 1945, a Torpiana.


NOTE

1 La scelta di illustrare l’itinerario di tale Battaglione è dipesa dal fatto che ISR/ETS La Spezia sta preparando una pubblicazione su di esso, in cui confluiranno, tra le altre, le Mappe che vengono presentate nell’articolo. Per una visione complessiva delle vicende del Battaglione, V. https://www.isrlaspezia.it/strumenti/lessico-della-resistenza/battaglione-m-vanni/.

2 Per costruire la Mappa n.1 mi sono rifatto ai seguenti libri: AAVV, “La Battaglia del Monte Gottero”, ISR, 1970; Gimelli, Giorgio (a cura di Franco Gimelli), La Resistenza in Liguria. Cronache militari e documenti, Carocci, 2005; Fiorillo, Maurizio, Uomini alla macchia. Bande partigiane e guerra civile. Lunigiana 1943-1945, Editori Laterza, Roma-Bari, 2010; Battistelli, Pier Paolo, La Wermacht in Italia 1943-1945.Wehrmacht. Waffen-SS. Organisation Todt. SS e Polizei, Agrafe, 2022, nonché a vari documenti presenti in AISRSP.

3 Per costruire la Mappa n. 2 mi sono servito della Testimonianza di Giuseppe Mirabello “Apollo”, che fu impegnato, a capo del suo Distaccamento, tra Serò, Imara e Valle Oscura (in una carta militare del 1930 detta “Valle Scura”), confrontandola con le testimonianze di Saverio Sampietro “Falchetto” e Ottavio Chiappini “Lepre” (v. AISRSP) e con altri documenti di Archivio.

4 Astorre Tanca, Medaglia d’argento al VM alla memoria, muore, in combattimento, a Pieve di Zignago, il 4 marzo 1945

5 A proposito della popolazione, va ricordato brevemente, in questa sede, che essa non solo diede aiuto morale e materiale, ma che quella di Serò (dove si trovavano un Distaccamento del Battaglione “Vanni” e una Compagnia di “Giustizia e Libertà”, quest’ultima agli ordini di Giovanni Pagani, Medaglia d’oro al VM alla memoria, in seguito catturato sul Dragnone e poi fucilato (V. https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2023/03/Pagani-Giovanni-largo.pdf), partecipò direttamente, prendendo le armi, ai combattimenti.

6 Tra essi, quello di Giuseppe Mirabello “Apollo” (V. Testimonianza).

Una giornata particolare: il 7 dicembre 1944 a Vezzano Ligure

A cura di Maria Cristina Mirabello

Avvertenza tecnica

Questo articolo è stato scritto dopo un mio sopralluogo a Vezzano e, dal punto di vista bibliografico, grazie a chi ha fissato sulla carta i fatti del 7 dicembre prima di me. ISR La Spezia “7 dicembre 1944 a Vezzano Ligure. Testimonianze raccolte dal Centro Culturale ‘7 dicembre’ di Vezzano Ligure”, 1976 (Misc. F 1 24); Anna Valle “Una storia nostra. Enrico Bucchioni e i partigiani di Vezzano”, Edizioni Giacché, 1994; Laura Lotti “Attilio e gli altri, con documenti e testimonianze”, Lunaria, 1996; Scheda nello Stradario della Resistenza spezzina, a cura di Francesca Mariani, dedicata a Piazza del Popolo-7 dicembre 1944; Schede per l’Atlante delle stragi nazifasciste in Italia curate da Maurizio Fiorillo, dedicate al 7 dicembre 1944 e al 2 febbraio 1945.

NdR Foto di copertina a cura di Mauro Martone

Sede del CLN vezzanese come è oggi. Foto di Mauro Martone
Sede del CLN vezzanese come è oggi. Foto di Mauro Martone

Contesto generale e premessa

Nel dicembre 1944, pur essendo svanita la speranza di una rapida avanzata alleata e di una prossima liberazione, dato l’arresto del fronte e il proclama del generale Alexander (13 novembre 1944), con il quale praticamente lo sforzo bellico veniva rimandato alla primavera successiva, la Resistenza partigiana in IV Zona Operativa, tuttavia, permaneva, non smobilitandosi, né sulle montagne, né al piano.

Va detto, però, che I colpi assestati alla popolazione civile1 e alla Resistenza armata furono, in quella fase, particolarmente duri. Basti pensare alla Brigata “Muccini”, che aveva subito il drammatico rastrellamento del 29 novembre 1944, e che, pur essendo passata, in una sua parte, oltre le linee, si stava faticosamente ricostituendo nella zona di appartenenza, sebbene fosse destinata, di lì a pochi giorni, a patire un ulteriore rovescio. Venne infatti catturato il Commissario politico, Paolino Ranieri “Andrea”, fermato mentre cercava medicine per alcuni superstiti del rastrellamento, rimasti feriti. Sempre nella stessa fase, al piano, anche qualche appartenente alle SAP (Squadre Azione Patriottica) fu costretto ad allontanarsi, perché ormai “bruciato”, cioè scoperto, o in odore di esserlo2. Tra i sappisti, sicuramente, Rina Gennaro “Anna”, che operava tra Ponzano Magra e La Spezia, e Filippo Borrini “Pino”, con tutta la sua famiglia3. “Pino”, figlio di Andrea Borrini, operaio dell’OTO Melara, a sua volta aggregatore di forze all’interno della fabbrica (anche in occasione degli scioperi del marzo 19444), aveva diretto il Fronte della Gioventù5, dopo la partenza dalla Spezia del primo organizzatore di giovani ribelli, Arrigo Diodati “Renato” o “Franco”6. Proprio Filippo Borrini aveva operato, come base di partenza, principiando dall’area di Vezzano Stazione, dove abitava, per allargare il suo raggio di azione alla zona vezzanese, a San Venerio, Carozzo, luoghi finitimi7, e oltre.

Già nell’autunno 1943, dunque, l’area vezzanese8 era stata caratterizzata da molteplici segni di insofferenza, e, progressivamente, da una vera e propria resistenza a tedeschi e fascisti, tanto che tale area diventò un bacino particolarmente fecondo, da cui avrebbero ampiamente attinto sia le varie formazioni partigiane armate della montagna, sia le SAP, e da cui sarebbero emersi , via via, molti personaggi che, vezzanesi per origine o per adozione o per transito, avrebbero illuminato, alcuni anche con il sacrificio della vita, la Resistenza spezzina9.

I fatti del 7 dicembre 194410

E proprio Vezzano Ligure è teatro di una vicenda, tra le più drammatiche dell’epoca, accaduta il 7 dicembre 1944 e destinata, da un lato, a pesare fortemente su un’intera comunità, nonché sulla rete resistenziale clandestina, e quindi sul CLN e sulle SAP locali, dall’altro, ad accentuare il quadro difficile in cui si colloca a livello provinciale il periodo fine novembre-dicembre 1944. Infatti, durante la notte, il paese è racchiuso dentro una morsa che il giorno 7 lo stringe senza scampo, essendo controllate tutte le possibili vie di uscita. I rastrellatori, tedeschi e fascisti, sono informati su che cosa cercare e su chi cercare11. Non solo, nell’accadimento, tragedia e beffa si mescolano: infatti il CLN spezzino aveva saputo per tempo che il giorno 7 ci sarebbe stato un rastrellamento, e l’aveva comunicato, tanto che le persone a rischio, tra cui il Segretario locale del CLN, Enrico Bucchioni, erano avvisate e pronte ad allontanarsi. Ma, ad un certo punto, proprio il giorno 6 dicembre, e non da parte del CLN12, era pervenuto inopinatamente un altro avviso, che, spostando la data all’8 dicembre, aveva determinato il fatto che nessuno ritenesse opportuno andare via già il 7.

Successe così che, alle 5 del mattino, nazisti e fascisti13 (questi ultimi agli ordini di Aurelio Gallo14) cinsero, con un vero e proprio assedio, il borgo, uccisero, con raffiche di mitra, Vera Giorgi e Carlo Grossi, che si erano affacciati sulla porta delle loro case15, ferirono in modo molto grave il sottufficiale di Marina, sappista, Giuseppe Carmè, che aveva tentato di fuggire sui tetti, morendo alcuni mesi dopo.

Furono fermate centinaia persone (circa 300), da cui fu scremato un numeroso gruppo (circa 90 uomini). Trasferiti in carcere, interrogati, in molti casi ferocemente torturati perché svelassero altri nomi, solo in parte rilasciati, furono portati con motozattere a Genova, e da qui mandati a Bolzano, per raggiungere poi, quale meta finale, i campi di concentramento, da cui in molti non ritornarono16. IL CLN vezzanese fu decimato: due membri di esso, Piero Andreani, Presidente, di 60 anni, ed Enrico Bucchioni, Segretario, di 24 anni, rimasero, sottoposti a sevizie, nel tristemente noto carcere, già sede del XXI Reggimento fanteria, da cui uscirono17 solo il 3 febbraio 1945, per essere però uccisi. Trasportati infatti davanti alla chiesa di Vezzano Basso, nel così detto “Campo”18, furono lì fucilati19.

Due uomini di età completamente diversa e con un unico destino

Dal libro di Anna Valle20 traggo materiale sui due fucilati. Il motivo per cui lo furono, in una mattinata fredda e piovigginosa, è sicuramente dovuto al fatto che essi erano ben conosciuti dai fascisti come esponenti di primo piano del CLN vezzanese: proprio perciò vennero prelevati dalla spedizione fascista agli ordini di Aurelio Gallo, in occasione della rappresaglia di cui si parla nella Nota 18. Posso fare anche l’ipotesi che non fossero stati eliminati in precedenza, o non avessero seguito la sorte di altri vezzanesi, deportati, in virtù del solito motivo, costituendo infatti essi, all’occasione, un’utile merce di scambio21. Ma questa è solo una mia ipotesi22.

Pietro Andreani23, detto “Pié de Cavana” era nato nel 1884. Antifascista, comunista fin dal 1921, licenziato, emigrato nel 1922, ritorna in Italia e fa il falegname, attività autonoma che probabilmente gli consente di sopravvivere tra le maglie della occhiuta vigilanza del regime dittatoriale, riprendendo le fila della cospirazione alla caduta del regime, e diventando, universalmente stimato, Presidente del CLN vezzanese. Catturato il 7 dicembre, è consapevole che molto difficilmente avrà scampo. Nel carcere dell’ex XXI è sottoposto a sevizie24 particolarmente prolungate, che risultano da numerose testimonianze25, e tuttavia riesce a provare sentimenti di solidarietà verso i compagni di prigionia26. Prima di essere fucilato, avrebbe gridato “Viva il comunismo”27.

Enrico Bucchioni, figlio di Natale e di Antonia Bellati, nasce nel 1920. Il padre, arsenalotto, integra il reddito familiare lavorando terreni di sua proprietà. In famiglia ci sono altri due figli, Natale (Francesco)28 e Pierino29. Portato alle belle arti, suona il violino e impara a dipingere sotto la guida di Navarrino Navarrini, diplomandosi maestro e non iscrivendosi all’Università per motivi economici. Cattolico, volto al prossimo, instaura un rapporto di stima con il parroco di Vezzano Alto30. L’8 settembre 1943 è militare, a Perugia e, arrivato a casa, è tra coloro che salgono sul Monte Grosso, insieme a Pierino. Ritornato a Vezzano, probabilmente dopo il drammatico rastrellamento del 3 agosto 1944, organizza il CLN locale, diventando uno dei dirigenti di esso, insieme ai “vecchi” Pietro Andreani, nato, come già detto, nel 1884, e a Rinaldo Basini31, nato nel 1893. Il giovane Enrico diventa responsabile della Resistenza in zona, dalle direttive riguardanti l’opera di accompagnamento dei giovani che volevano andare in montagna, agli atti di sabotaggio, alla diffusione di volantini. Avvicinatosi al Partito comunista, diffonde e/o produce materiale di tale Partito o ad esso ispirato.

Arrestato, e messo in cella con altri, tra cui il fratello Pierino, continua a scrivere ai suoi, dicendo di stare bene, e, probabilmente, continua a disegnare. Quest’ultimo particolare, toccante e per alcuni versi macabro, trova conferme nella testimonianza di Sante Quaglia32.

Enrico scrive l’ultimo biglietto alla madre il 2 febbraio 1945, comunicandole che l’altro figlio, Pierino, è stato portato via “oggi” dal carcere, e aggiungendo, sul retro: “Adesso occupatevi solo di me, a Pierino ci va bene, non pensate male di lui33.” In verità la madre non potrà fare proprio nulla per quei due suoi figli: Enrico è prelevato e fucilato il giorno dopo, Pierino non tornerà indietro da Bolzano.

Il corpo di Enrico, abbandonato nel Campo di Vezzano Basso, dimostrerà i segni inequivocabili delle torture subite.

Sopralluogo e riflessioni a partire dall’oggi

Arrivo a Vezzano sull’onda, soprattutto, della rilettura del libro di Anna Valle “Una storia nostra. Enrico Bucchioni e i partigiani di Vezzano”34, perché in esso si sente palpitare, nonostante gli anni intercorsi tra il 1944 e il 1994, data di uscita del testo, una storia viva, corale: quel “nostra” del titolo, è, infatti, significativo esempio di vicinanza e affetto.

Il mio tentativo è quello di riappropriarmi, se possibile, al di là degli aspetti fattuali e tecnici che riguardano la storia come materia35, di un’atmosfera.

Il mio appuntamento è con Nadia Ferdeghini36, dell’ANPI locale, la quale mi parla di quei tempi e di quegli uomini, per come li ha sentiti narrare (essendo nata, come me, nel Dopoguerra) e mi dice che, la mattina del 7 dicembre 1944, il paesaggio era caratterizzato da una nebbiolina trasudante umidità37, forse come quella che mi accoglie oggi.

E così, dal suo terrazzo, che dà verso il Golfo da una parte e verso il Magra dall’altra, fotografo innanzitutto la casupola38, ormai in rovina e sommersa dai rovi, dove si riuniva il CLN vezzanese, collocata un po’ fuori dal paese, lievemente a valle, raggiungibile attraverso sentierini e, soprattutto, in una posizione che consentisse a chi vi si trovava vie di fuga agevoli. E Nadia mi dice che la zona di Vezzano era luogo di transito per chi avesse deciso di recarsi ai monti, grazie alla guida di staffette incaricate di farlo: suo padre, Emilio Ferdeghini, detto “Lio”, riconosciuto come partigiano nella Brigata “Gramsci”-Battaglione “Maccione”39, nei rari racconti, le ha detto di avere messo bombe ai tralicci del ponte ferroviario di Fornola (cui si arrivava grazie ad una vietta posta in Masignano), e che, sempre lui, svolgeva anche la funzione di guida per chi volesse recarsi in montagna. Utilizzava, a tale scopo, la terra di famiglia, in Corongiola, particolarmente adatta a raggruppare uomini che dovessero fermarsi lì, per qualche ora o un po’ di più, in quanto sufficientemente riparata e dotata di una bella fontana, denominata “cirloncin”, dai canti degli uccellini che, attirati da essa, andavano a dissetarsi. Da lì partivano i ribelli, a gruppetti, ed Emilio li portava in genere verso la zona del Monte Gottero.

Vado poi, sempre con Nadia, nella sede dell’ANPI, un vero e proprio piccolo museo40, di fronte al quale trattengo quasi il fiato. Su tutte le pareti ci sono fotografie e documenti, ma noto anche che ad un muro sono addossati dei bellissimi maxi cartoni, disegnati da Luciano Viani: in essi, tramite disegni, si parla dei fatti salienti del 7 dicembre, ma anche di altre cose, compresa l’opera delle staffette e la fontana in Corongiola, un modo didattico e incisivo per spiegare la storia a ragazzi che vadano a visitare la sede.

Quadro con fotografie dei partigiani e patrioti di Vezzano Ligure-Sede Anpi Vezzano Ligure. Foto di Mauro Martone
Quadro con fotografie dei partigiani e patrioti di Vezzano Ligure. Conservato presso la sede ANPI di Vezzano Ligure. Foto di Mauro Martone

E, mentre il mio sguardo si appunta tecnicamente sui documenti, per cui chiedo la possibilità di fotografarne almeno due, quello con la composizione, probabilmente, delle persone principalmente impegnate nella Resistenza vezzanese e quello costituito dalla foto dei partigiani, riuniti insieme in un quadro, vivi e morti41, come si prese l’abitudine di fare nell’immediato Dopoguerra, creando dei veri e propri “medaglieri” con le foto di tutti, ciò che mi fa davvero commuovere è ancora altro. Custoditi sotto vetro stanno documenti autografi di Enrico Bucchioni, gelosamente preservati e tramandati. Non solo, dentro una vetrina, su un manichino, è collocato l’abito e la sciarpa rossa che Pietro Andreani indossò, così mi viene detto, il 3 febbraio 1945, quando fu fucilato, mentre, subito sopra, su un altro ripiano, c’è la sciarpa gialla a pois, che metteva in carcere per ripararsi dal freddo. I colori hanno forse subito l’usura del tempo, ma non più di tanto: il vestito, forato dai proiettili, e le due sciarpe, ci ricordano materialmente e visivamente che un tempo appartenevano a un uomo, morto in circostanze drammatiche. Sono gli oggetti stessi a narrare, in un certo senso, la loro storia, senza bisogno di inventare nulla, è come se da essi provenissero dei barlumi, per aiutarci a ricostruirla, senza finzioni o aggiunte, rispettando i fatti della storia, ma anche con una sorta di empatia per quelle vicende.

Documento depoca conservato presso la sede ANPI di Vezzano Ligure. Foto di Mauro Martone
Documento d’epoca conservato presso la sede ANPI di Vezzano Ligure. Foto di Mauro Martone

L’ultimo passo, a chiusura logica, è quello che compio per portarmi lì vicino, di fronte alle targhe di marmo, poste sulla parete esterna dell’edificio comunale. Sono incisi nella pietra i nomi di chi morì nel periodo resistenziale: la comunità vezzanese ha deciso di suddividerli tra chi è caduto in combattimento, chi di fronte al plotone di esecuzione e chi nei campi di concentramento. Leggendoli, è possibile fare anche un ripasso veloce di storia della Resistenza della IV Zona Operativa. I nomi fissati nella pietra sembrano essere indelebili. E, tuttavia, le pietre non bastano: occorrono le narrazioni. Spariti i protagonisti e i testimoni, possiamo affidarci ai libri, alle pietre, ma, soprattutto, alla volontà di tramandare una storia, tragica certo, e tuttavia, proprio “nostra”, e perciò degna di essere ricordata.

Lapide commemorativa a Vezzano Ligure. Foto di Mauro Martone
Lapide commemorativa a Vezzano Ligure. Foto di Mauro Martone

NOTE

1 Basti pensare al massiccio rastrellamento del giorno 21 novembre 1944, a causa del quale vennero arrestate più di 250 persone, di tutte le età e provenienti da tutti gli strati sociali, V. https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2014/07/Deportati-di-Migliarina-largo.pdf (Scheda cura di Maria Cristina Mirabello)

2 Qualcuno, come il Capitano Renato Mazzolani di “Giustizia e Libertà”, responsabile delle SAP cittadine, venne arrestato in dicembre. Tradotto in carcere (nella sede dell’ex XXI Reggimento Fanteria), sottoposto a torture, si uccise, per non parlare. V. per lui anche https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2015/12/Mazzolani-Renato-via.pdf (Scheda a cura di Maria Cristina Mirabello).

3 Nella famiglia è da ricordare la sorella minore, Luisa, soprannominata “Vanna” che, usando i pattini e fruendo della insospettabilità derivante dal fatto che era giovanissima (all’epoca aveva 15 anni), fungeva da collegamento rispetto a Antonio Borgatti “Silvio”, Segretario della Federazione provinciale comunista, il quale aveva trovato casa alle Pianazze, quindi, vicino al Termo, zona contigua al territorio vezzanese. Ne parla Borgatti nel suo libro “Anni clandestini. Memorie 1904-1945”, (a cura di Aldo Giacché), Edizioni Giacché, 2022.

4 Andrea Borrini si era già impegnato, clandestinamente, durante gli anni del regime fascista, nell’ambito del “Soccorso rosso”.

5 All’inizio, poco dopo l’8 settembre, si trattava di gruppi spontanei, costituiti da giovani e giovanissimi della zona di Vezzano Stazione, Fornola, Vezzano, San Venerio, Carozzo. Ne parla Vega Gori “Ivana”, la quale ricorda come spesso, all’inizio, manifestassero la loro insofferenza a fascisti e tedeschi cantando sommessamente cori di opera, ad esempio “Si ridesti il leon di Castiglia”, dall’“Ernani” di Verdi, per passare poi ad appiccicare ai muri volantini, anche scritti a mano, usando farina impastata con acqua come colla. Lei, che sarebbe diventata dattilografa e staffetta per Antonio Borgatti, rimanendogli a fianco per tutti i mesi, dal giugno 1944 fino, praticamente, alla Liberazione, era, nell’autunno 1943, una ragazza appena diciassettenne, che i fratelli non volevano nella cospirazione. V. “‘Ivana’ racconta la sua Resistenza. Una ragazza nel cuore della rete clandestina”, Edizioni Giacché, 2013. Dei due fratelli di “Ivana”, Erro, sarebbe poi andato ai monti, nel Parmense, mentre l’altro sarebbe rimasto al piano, diventando, nel Dopoguerra, il primo Sindaco, eletto, di Vezzano Ligure.

6 Arrigo Diodati, dopo la sua permanenza alla Spezia, si trasferì a Genova. Combattente nella Resistenza genovese, catturato, si salvò fortunosamente dalla strage nazifascista di Cravasco il 23 marzo 1945.

7 Tra i luoghi finitimi non va dimenticata Arcola, da subito caratterizzata da dinamiche molto attive, anche come Fronte della Gioventù.

8 D’altra parte l’area vezzanese, nonostante la repressione dovuta alla dittatura fascista e la presenza di un consistente gruppo di famiglie conservatrici, ha anche forti radici, sia repubblicane che socialiste (e poi comuniste). Il terreno si presenta, insomma, fecondo per le iniziative resistenziali, diventando una sorta di laboratorio per esse. Cospirano Piero Borrotzu, tenente, sardo, di madre vezzanese, accolto a Vezzano, dopo l’8 settembre, dal cugino della madre, Nino Ferrari), Medaglia d’oro al VM alla memoria, tra i primi della Brigata d’ assalto “Lunigiana, fucilato a Chiusola il 5 aprile 1944; Franco Coni, sottotenente, sardo, amico di Borrotzu, anche lui animatore della Brigata d’Assalto Lunigiana, quindi Comandante per un periodo del Battaglione “Matteotti” e poi, fino alla Liberazione, della I Compagnia “Arditi”; il Colonnello Giulio Bottari, che tesse da subito instancabilmente le fila clandestine e che, catturato a Genova, deportato, muore a Mauthausen nell’aprile 1945; Maresciallo Lugi Dallara, legato a Giulio Bottari, catturato e fucilato per rappresaglia a Ressora di Arcola (27 settembre 1944), Giovanni Spezia, catturato e fucilato per rappresaglia a Ressora di Arcola (27 settembre 1944), padre di Gerolamo; Gerolamo Spezia, Medaglia d’oro al VM alla memoria, caduto durante il rastrellamento dell’8 ottobre 1944. Non solo, numerosi sono i contatti, grazie al socialista Attilio Battolini, tra il paese e Follo, dove si trova l’avvocato Agostino Bronzi, anche lui socialista, e dove si stanno, a loro volta, muovendo gruppi resistenziali. Per Attilio Battolini e le sue vicende, v. in particolare “Attilio e gli altri” di Laura Lotti, cit.
Per una maggiore conoscenza di Piero Borrotzu, Giulio Bottari, Agostino Bronzi, Piero Spezia, v. https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2014/01/Borrotzu-Pietro-largo.pdf; https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2014/01/Bottari-Giulio-via.pdf; https//www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2014/10/Bronzi-Agostino-darsena.pdf; https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2014/01/Spezia-Gerolamo-largo.pdf (Schede a cura di Maria Cristina Mirabello). Per le circostanze della fucilazione di Luigi Dallara e Giovanni Spezia v. https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2014/11/Arcola-Martiri-della-Libert%C3%A0-via.pdf (Scheda a cura di Maria Cristina Mirabello).

9 L’articolo è dedicato ai fatti di Vezzano del 7 dicembre 1944, e non a tutta la Resistenza vezzanese o a tutta quella che in questo borgo ha radici o afferenze. Il Libro di Anna Valle “Una storia nostra. Enrico Bucchioni e i partigiani di Vezzano”, cit., nel corso delle sue pagine, dà però la parola, direttamente o mediatamente, a molti vezzanesi aderenti alla Resistenza: Renato Andreani, Ideale Battolini, Cesare Bonatti, Giuseppe Bonati, Medaglia d’argento al VM, Aldo Comis, Enrico Cozzani, Pietro Cozzani, Francesco Del Bello, Piero Del Giudice, Emilio Ferdeghini Riccardo Ferti, Alessandro Grossi, Cesare Orlandi, Pierino Puppo, Sante Quaglia, Ilvano Tomà, Bruno Scattina (va detto che dai loro racconti emergono ulteriori figure, alcune delle quali hanno combattuto in altre regioni, come quella di Gianni Bocchi, Medaglia d’argento al VM, Sergio Conti e Camillo Risi o, addirittura, in altre nazioni, come Pierino Baldassari). Si ricordi infine che appartiene al Comune di Vezzano anche il gruppo valeranese, con Amelio Guerrieri, Medaglia d’argento al VM, Origliano Montefiori, Nello Sani (quest’ultimo morto nel corso del rastrellamento del 20 gennaio 1945), gruppo cui il libro di Anna Valle fa cenni.

10 Numerose testimonianze sul 7 dicembre, o comunque su date collegate ad esso, riguardanti vezzanesi, sono ritrovabili nel libro di Anna Valle “Una storia nostra. Enrico Bucchioni e i partigiani di Vezzano”, cit., che, a sua volta, attinge in parte anche dal “Numero Unico ‘Circolo Culturale 7 dicembre’”, 1974, o da altri scritti. Tra i ricordi quelli di Giovanni Andreani, Edilio Conti, Rinaldo Basini, Attilio Battolini Emilio Ferdeghini, Alessandro Grossi, Riccardo Ferti, Piero Orlandi, Ilvano Tomà, Piero Puppo, Erio Portonato. C’è inoltre la testimonianza di Giuseppina Cogliolo “Fiamma”, che non è vezzanese ma che conosce Enrico Bucchioni in circostanze per lei drammatiche: ferita, ma scampata al rastrellamento della Brigata “Muccini” del 29 novembre 1944, arriva fortunosamente a Fornola, dove operano le SAP. Accompagnata a Vezzano Ligure, viene affidata a Enrico Bucchioni e accolta premurosamente dalla madre di lui. Collocata, in via provvisoria, dentro una casa disabitata, in fondo al paese, si sveglia il mattino dopo, quando una donna le dice di scappare, informandola che è stato catturato Enrico Bucchioni, con altri. Proprio Enrico era riuscito a farla avvisare, ed è, quindi, grazie a lui, che “Fiamma” può allontanarsi, mettendosi in salvo.

11 Tra i principali informatori di essi è, sicuramente, don Emilio Ambrosi, processato per questo motivo nel Dopoguerra, condannato a morte, commutati in 30 anni di reclusione, e morto poi in carcere nel corso del 1946. Il comportamento di don Ambrosi è, insomma, completamente diverso da quello di numerosi sacerdoti spezzini, i quali si dimostrarono veri “pastori del popolo”, patendo anche il carcere (v. per un approfondimento il rastrellamento di Migliarina del 21 novembre 1944). Per non parlare di chi fu ucciso (don Emanuele Toso e don Giovanni Battista Bobbio). Per ulteriori notizie sui sacerdoti spezzini, v. https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2014/07/Scarpato-Mario-don-largo.pdf (Scheda a cura di Maria Cristina Mirabello).
Tra i segnalati, si salva un ragazzo perché risparmiato dal soldato (polacco) che lo ha fermato. Dice Giovanni Andreani, il quale, in quella tragica giornata, riuscì a nascondersi: “Nel nascondiglio dove restai per diverse ore potei assistere anche a un fatto che mi colpì profondamente. Vidi un polacco che accompagnava un giovane vezzanese, Giuseppe Dalle Lucche, detto Pino; essi percorrevano la via Verdi quando, giunti all’altezza della ‘cabina’, il milite fece nascondere il giovane, poi fermò una pattuglia tedesca, impedendo così che il Dalle Lucche fosse visto, quindi si presentò a mia madre invitandola a nascondere il ragazzo per salvarlo dalle ire nazifasciste. Le fece capire che ‘Pino’ assomigliava a un suo fratello trucidato in Polonia dalle forze tedesche.” Sempre Giovanni Andreani, aggiungendo di avere notato come quel soldato polacco fosse dotato di una mappa “Dove erano segnate in rosso le case di alcuni partigiani vezzanesi”, conferma il fatto che il rastrellamento aveva degli obiettivi precisi e precedentemente segnalati (“7 dicembre 1944 a Vezzano Ligure”, cit.).

12 La vicenda della data differita è ricostruita articolatamente in Anna Valle “Una storia nostra. Enrico Bucchioni e i partigiani di Vezzano”, cit.

13 Scrive Maurizio Fiorillo nella Scheda già citata che il reparto tedesco non è stato identificato; quanto ai fascisti italiani, afferma Fiorillo, prendono parte al rastrellamento reparti della Divisione “Monterosa” della RSI e della spezzina Brigata Nera “Tullio Bertoni”.

14 Per Aurelio Gallo, fascista al servizio dei tedeschi, e per il carcere dell’ex XXI, luogo spezzino in cui egli interrogava e seviziava i prigionieri, v. https://www.isrlaspezia.it/wp-content/uploads/2014/01/XXI-Reggimento-via.pdf (Scheda a cura di Maria Cristina Mirabello). Aurelio Gallo viene processato (non solo per i fatti di Vezzano ma per molti altri gravissimi episodi) dalla Corte d’Assise straordinaria, alla Spezia, nel Dopoguerra. Condannato a morte, è ucciso a Forte Bastia (Vezzano Ligure) il 5 marzo 1947. Tra i torturatori del carcere vanno annoverati, in ordine alfabetico, Emilio Battisti, Aldo Capitani, Matteo Guerra, Michele Morelli, Ennio Viviani. Tra gli aguzzini, molti detenuti ricordano anche don Rinaldo Stretti. Subirono la pena di morte, fucilati insieme ad Aurelio Gallo, solo Emilio Battisti e Michele Morelli.
A proposito delle torture inflitte e delle vicende processuali, v. l’articolo di Giorgio Pagano “I ribelli della Lunigiana e Aurelio Gallo, il torturatore” (22-4-2019) in “Città della Spezia”, giornale on line, https://www.cittadellaspezia.com/2019/04/22/i-ribelli-della-lunigiana-e-aurelio-gallo-il-torturatore-284477/

15 Si tratta quindi di due vittime civili che però la comunità vezzanese ha sentito di ascrivere alla Resistenza locale.

16 Laura Lotti in “Attilio e gli altri”, cit., dedicato ad Attilio Battolini, che il 7 dicembre è appena rientrato da una missione a Vezzola (Zignago) presso il Comandante Mario Fontana, dice, a proposito del 7 dicembre 1944: “Attilio è preoccupato perché ha cose murate. Egli cade con molti amici e compagni nella morsa tedesca che quella notte chiude tutte le strade di uscita dal paese. Contadini, operai appena usciti di casa sono fermati ed inviati nella piazza della chiesa. Non c’è possibilità di fuga. Tra i primi ad essere arrestati sono Pietro Andreani, vecchio comunista e presidente del CLN. Arrivano contemporaneamente nel piazzale davanti a villa Centi Attilio Battolini, la famiglia Ferdeghini composta da Luigi e dai suoi figli Emilio e Francesco, Rinaldo Basini, a cui si aggiungono Piero Orlandi, Vittorio Lumachelli, Edilio Conti, Rino Andreani, Luigi Cozzani e molti altri… I segnalati, circa 90 persone delle 300 fermate, sono raccolti in un recinto di tavole situato sotto villa Centi.” Le cose “murate” sono, evidentemente, documenti clandestini.

17 Il giorno prima, 2 febbraio 1945, c’era stato, a Vezzano, uno scontro tra una squadra di partigiani scesa al piano per approvvigionamenti, e alcuni fascisti, nel corso del quale furono feriti 4 partigiani (di cui due vennero portati via dai compagni; gli altri due, non individuati sul momento, rimasero lì: uno, Annibale Giansoldati, morì poche ore dopo, ed uno, Aldo Comis, ferito, ma in grado di muoversi, si salvò portandosi verso Fornola, dove fu soccorso da una famiglia. Per i fascisti ci furono un morto e un ferito, probabilmente provocati dall’avere fatto esplodere essi stessi, malamente, una bomba.

18 Oggi “Piazza del Popolo-7 dicembre 1944”.

19 La sequenza dei fatti del 7 dicembre 1944 e di quelli, ad essi collegati, del 2-3 febbraio 1945, è ricostruita da Maurizio Fiorillo nelle Schede citate.

20 “Una storia nostra. Enrico Bucchioni e i partigiani di Vezzano”, cit.

21 Ad esempio, per scambi tra fascisti e/o tedeschi catturati dai partigiani ed elementi della Resistenza.

22 La lettura di alcuni biglietti scritti da Enrico Bucchioni in carcere, rivolti ai familiari, lascia intravedere in lui qualche speranza di poter sfuggire al duro destino che lo attende (v. Anna Valle “Una storia nostra. Enrico Bucchioni e i partigiani di Vezzano”, cit., pp. 64-72). Sempre dalle testimonianze sembra invece potersi ricavare la certezza, più volte espressa da Pietro Andreani, riguardo a sé, che morirà (v. dopo).

23 Citato anche nel libro di Antonio Bianchi “Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana”, Editori Riuniti, 1975, p. 111, come attivo propagandista del Partito Comunista.

24 Sul carcere e su quanto avveniva tra le sue mura esistono molte testimonianze. Tra esse, v. “Ricordi di un luogo di tortura” di Attilio Battolini, “La Spezia. Rivista del Comune”, ristampa del n.4-6, luglio-dicembre 1955 (anche Attilio Battolini subì percosse e torture). Presta cure a Battolini Emilio Ferdeghini (v. la sua testimonianza nel libro di Laura Lotti “Attilio e gli altri”, cit., p. 200).

25 V. ad esempio, tra le altre, quella di Emilio Ferdeghini nel libro di Laura Lotti “Attilio e gli altri”, cit., p. 201. Il comportamento di Andreani è sempre molto coraggioso, anche se “Tutte le sere veniva prelevato e torturato così ferocemente che non riusciva più a parlare”.

26 Ilvano Tomà, catturato il 7 dicembre e portato in carcere con gli altri vezzanesi, dichiara che una sera, mentre era interrogato, vide in un angolo della stanza il corpo sanguinante e riverso sul pavimento di Andreani. Probabilmente, come osserva Anna Valle, Tomà svenne, ritrovandosi poi nella stessa cella di Andreani che lo compianse dicendo appunto, in dialetto, allo stesso Tomà: “Povro fanto, guarda cosa i t’an fato”. Tomà rimase con Andreani qualche tempo, ma una sera, sempre Andreani, tornando da un interrogatorio, gli comunicò che era successo qualcosa a Vezzano, aggiungendo “Mi fucileranno e fucileranno anche te”, consigliandogli per il mattino dopo, quando sarebbe stata detta la Messa, di non rientrare nella sua stessa cella. Tomà fece così, rientrò, ma in un’altra cella, salvandosi, così egli sostiene, dalla fucilazione (v. Anna Valle “Una storia nostra. Enrico Bucchioni e i partigiani di Vezzano”, cit., p. 63).

27 Anna Valle “Una storia nostra. Enrico Bucchioni e i partigiani di Vezzano”, cit., p.85.

28 Natale (Francesco) scampa in modo del tutto fortuito al rastrellamento del 7 dicembre 1944.

29 Pierino Bucchioni, rastrellato il 7 dicembre, imprigionato, segue, come molti compaesani, la via della deportazione, rimanendo bloccato (come altri) nel campo di Gries, a Bolzano. Nei giorni della Liberazione, muore tragicamente, travolto da un camion di tedeschi in fuga.

30 Il parroco di Vezzano Alto è don Storti, ben diverso dal delatore e connivente fascista don Emilio Ambrosi, parroco di Vezzano Basso. Secondo la testimonianza di Pietro Bernardi, riportata da Anna Valle in “Una storia nostra”, cit., p. 22, Enrico Bucchioni, prima di essere fucilato, avrebbe chiesto al parroco di Vezzano Basso di essere comunicato, e ciò gli sarebbe stato negato.

31 Basini, arrestato il 7 dicembre, imprigionato, viene avviato alla deportazione, ma, a causa dei bombardamenti, come altri vezzanesi, viene fermato a Bolzano e, in questo modo, si salvò.

32 Risulta da più fonti che il carcere dell’ex XXI, dopo la Liberazione, presentò, agli occhi di chi vi entrava, molti disegni sulle pareti. Tra essi, Sante Quaglia dice di avere ravvisato un disegno di Vezzano visto dal fiume, una Madonna, la chiesa di Vezzano Basso, riconoscendovi, senza dubbio, la mano di Enrico Bucchioni. La tinta dei disegni, bruno rossastra, per come è stata descritta, farebbe presupporre in essi la presenza di sangue (v. Anna Valle “Una storia nostra. Enrico Bucchioni e i partigiani di Vezzano”, cit., p. 73).
Il carcere, situato nell’attuale via Aldo Ferrari, è stato abbattuto negli anni Settanta del Novecento: al posto di esso sorge oggi il complesso scolastico del “2 giugno”.

33 Probabilmente Enrico ritiene Pierino più al sicuro lontano dalle grinfie dei carcerieri fascisti spezzini rispetto a quanto può accadere a lui che, ormai, sente la morte appressarsi sempre più.

34 Cit.

35 Esempio di ciò sono le due Schede curate da Maurizio Fiorillo.

36 L’appuntamento è di pomeriggio, il 10 novembre 2023. Nadia è figlia di Emilio Ferdeghini “Lio”. Ho potuto mettermi in contatto con lei grazie a Oretta Jacopini, dell’ANPI-La Spezia.

37 Nell’opuscolo “7 dicembre 1944 a Vezzano Ligure”, cit., Giovanni Andreani parla per quella giornata di pioggia e freddo intenso.

38 Una foto della casupola, in tempi in cui era ancora visibile nelle sue linee fondamentali, è appesa nella sede ANPI, di cui parlerò dopo. Mi dice Nadia Ferdeghini che nella casupola c’era un piano terra adibito a pollaio e, sopra di esso, un piano per il fieno.
Le riunioni del CLN non avvenivano solo in questa sede, ma, per non dare troppo nell’occhio, anche in sedi diverse.
E’ bene ricordare che un’altra casupola si trovava nel territorio vezzanese, ben nascosta dentro i boschi del Molinello, nel rigido inverno 1944-1945. La conformazione era identica, un piano terra, dove stavano però le pecore, e un piano sopraelevato, dove Vega Gori “Ivana”, diciottenne, vezzanese di adozione, batté a macchina, per lunghe ore, documenti della Federazione PCI e del CLN provinciali.

39 V. Registro Storico dei partigiani e Patrioti della IV Zona Operativa https://www.isrlaspezia.it/strumenti/partigiani-e-patrioti-della-iv-zona-operativa-1943-1945/; v. anche la sua Scheda in https://partigianiditalia.cultura.gov.it/persona/?id=5bf7bf164d235218049f219f. Emilio Ferdeghini fu catturato il 7 dicembre 1944. Imprigionato all’ex XXI°, poi a Marassi, quindi a Milano, in un gruppo di 12 vezzanesi, arrivò a Bolzano. Destinato alla deportazione, ormai in treno sulla via di Mauthausen, non vi arrivò a causa dei bombardamenti. Riportato a Bolzano con il fratello, il padre e il cognato Giuseppe Baldassini, venuta la Liberazione, poté rientrare (Anna Valle “Una storia nostra. Enrico Bucchioni e i partigiani di Vezzano”, cit., p.56-57).

40 I documenti d’epoca conservati in esso, mi dice Nadia Ferdeghini, provengono da Claudio Bucchioni, figlio di Francesco Bucchioni, e quindi nipote di Enrico, che li ha donati all’ANPI. Di tali documenti, scritti da Enrico Bucchioni, si trova un’analisi accurata nel libro di Anna Valle “Una storia nostra. Enrico Bucchioni e i partigiani di Vezzano”, cit.

41 Questo tipo di documentazione è, a mio parere, assai importante, ed è stata però a lungo trascurata. Essa consente, pur nei limiti delle eventuali e scusabili dimenticanze, di ricostruire, almeno complessivamente, il quadro resistenziale di ogni zona della provincia, perché in tutta la provincia ci furono iniziative fotografiche identiche. Non solo, si dà così un volto a chi non c’è più, ma, poiché spesso, come nel caso di quello di Vezzano, il quadro è suddiviso in settori, si possono individuare le funzioni svolte dai dai vari personaggi.

giugno 1944: il Segretario del PCI alla Spezia

Tanti dubbi, alcuni documenti, una possibile ipotesi su chi fosse Segretario del PCI all’inizio di giugno 19441

Anelito Barontini, Segretario della Federazione comunista spezzina, ormai attivamente ricercato alla Spezia, dopo il successo degli scioperi operai del marzo 1944, era stato trasferito a Genova, dove sarebbe poi diventato Commissario politico della VI Zona Operativa.

Arrivarono così alla Spezia Giovanni Rosso “Luigi” e Giuseppe Poggi “Franco”. D’altra parte, la Federazione spezzina era piuttosto carente come quadri dirigenti, ed era necessaria una implementazione qualitativa, possibilmente con volti sconosciuti alla locale vigilanza fascista.

Se leggiamo i passi storiografici finora editi riguardanti tale avvicendamento2, troviamo che Poggi era Segretario del PCI spezzino e tale rimase fino alla sua drammatica scomparsa nella notte del 28 giugno 1944, a Pian di Follo, dove si era recato, fondamentalmente per individuare una posto che ospitasse una tipografia clandestina. Dopo tale tragico fatto gli sarebbe subentrato Antonio Borgatti “Silvio”, che resse tutta la rete clandestina al piano, nel territorio spezzino, fino alla Liberazione, andando via dalla Spezia per incarichi nazionali nel Sindacato CGIL, a Roma, nel novembre 1945.

Poiché nel libro “Anni clandestini. Memorie dal 1904 al 1945”, di Antonio Borgatti (a cura di Aldo Giacché), Edizioni Giacché, 20223, lo stesso Borgatti afferma di essere arrivato alla Spezia in concomitanza con la liberazione di Roma, rivestendo la funzione di Segretario, aggiungendo di avere scritto in tale occasione il primo volantino4 della lunga serie che in seguito avrebbe redatto, mi sono posta il problema di chi fosse realmente ai primi di giugno 1944 Segretario della Federazione provinciale comunista: Poggi (come dato per scontato finora) o Borgatti?

La curiosità potrebbe denotare, in sé, una eccessiva, e perfino inutile, ricerca del “certo”5, ma potrebbe anche rivelarsi importante, nel caso in cui si debbano attribuire alla responsabilità di qualcuno, documenti del PCI risalenti al giugno 1944.

Ho perciò riflettuto su quanto dice “Silvio”, nel libro citato, a p. 85, dove afferma chiaramente di avere assunto la funzione di Segretario del PCI, arrivando alla Spezia, specificando ulteriormente, a p. 88, i compiti assolti da lui, da Giovanni Rosso “Luigi”6 e da Giuseppe Poggi “Franco”7: “Con ‘Luigi’ e ‘Giulio’8 ci dividevamo i compiti. Luigi si occupò in prevalenza del lavoro militare, ‘Giulio’ della riproduzione e della distribuzione della stampa, io del coordinamento organizzativo, del collegamento con la regione…”e ripete la stessa cosa nella “Relazione sull’attività del Comitato Federale dal 1939 all’agosto 1945”, Federazione provinciale di La Spezia, datata 15 agosto 1945, e firmata “La Segreteria Federale”, cioè, in definitiva curata dallo stesso Borgatti9, dove scrive: “Alla fine di maggio10, raggiunse la Spezia il compagno Borgatti (‘Silvio’)11 quale responsabile della Federazione.”

Ho allora cercato di capire meglio e di trovare possibili punti di appoggio. Da ulteriori documenti consultati12 risulterebbe confermata la versione di “Silvio”. Infatti esiste, relativamente al PCI spezzino, un documento manoscritto, datato “maggio 5 1944”, redatto da “Il Responsabile politico”, la cui grafia è diversa13 da quella risultante in un altro documento, anch’esso scritto a mano, intitolato “Rapporto del 2-6-44” (nella chiusa è riportata la data del 3 giugno 1944). Il secondo documento è, con grande probabilità, scritto da Borgatti. Il Rapporto corrisponde, sebbene semplicizzato, come struttura di paragrafi, alla tipologia che sarà, all’incirca, ripetuta poi sempre nelle Relazioni di “Silvio”. Questo deporrebbe a favore del fatto che, nel momento in cui Borgatti arriva alla Spezia, rivesta già la funzione di Segretario14.

Tuttavia, il metodo della ricerca, che apre sempre nuovi scenari, potrebbe riservare, anche riguardo alle massime cariche spezzine del PCI nel giugno 1944, ulteriori sorprese.

Alla prossima!

Riproduciamo di seguito le schede tratte da https://partigianiditalia.cultura.gov.it, relative ai tre personaggi di cui l’articolo ha fondamentalmente trattato.

Scheda di Giuseppe Poggi
Scheda di Antonio Borgatti
Scheda di Giovanni Rosso

NOTE

1 Questa ricerca è stata condotta collateralmente al filone centrale dello studio sulla Brigata, poi Battaglione “Vanni”, garibaldino, e perciò tendenzialmente, anche se non unicamente, legato alla componente ideologica comunista.

2 Se ad esempio seguiamo “Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana” di Antonio Bianchi (Editori Riuniti, 1975), p. 309, vediamo che a sostituire Barontini “Sul fronte cittadino [NdA: cioè alla Spezia] era chiamato Giuseppe Poggi (‘Franco’) di Sestri.” A p. 311 dello stesso libro è inoltre scritto che Poggi sarà sostituito, dopo la sua morte, da Borgatti. Giulivo Ricci nel libro “Storia della Brigata garibaldina ‘Ugo Muccini’. Brigate partigiane della IV Zona Operativa”, ISR Pietro Mario Beghi, La Spezia, 1978, a p. 217, dice che Giuseppe Poggi “Aveva sostituito nella direzione del Comitato federale Anelito Barontini” e, a p. 218, specifica che il tragico evento della morte di Poggi “Privava la Federazione comunista del suo massimo dirigente.”

3 Il libro, importante, e soprattutto prezioso per i fatti della Resistenza spezzina, è uscito molti anni dopo la morte dell’Autore, scomparso nel 1991.

4 V. AISRSP, Fondo III, Attività Politica, Serie 4, PCI La Spezia, B 654, 2653, 2654, 2655.

5 E’ noto come il “certo” e il “vero” non necessariamente coincidano, avendo bisogno il “vero” di una più complessa riflessione.

6 Giovanni Rosso era stato “prelevato”, a Savona, dalla staffetta spezzina Rina Gennaro “Anna”.

7 Occorre puntualizzare che Borgatti parla in chiaro del cognome, quanto al nome, lo chiama “Giulio”. In realtà, se andiamo nelle schede di riconoscimento di https://partigianiditalia.cultura.gov.it, che sono collocate in fondo all’articolo, troviamo che il nome di battaglia, con cui, tra l’altro, è ricordato in IV Zona Operativa, è “Franco”. Il fatto che Borgatti lo chiami “Giulio”, può essere spiegato così: o nella precedente esperienza di partito l’aveva conosciuto con questo nome, oppure, poiché lo stesso Borgatti ironizza sulla sua personale difficoltà a ricordare i nomi, attribuisce a “Franco” l’appellativo di “Giulio”. Della sua idiosincrasia per i nomi Borgatti parla anche in occasione del suo fortunoso arrivo alla Spezia, quando deve recarsi in un luogo convenuto chiedendo di “Giulio”, invece si sbaglia e chiede di “Giorgio”. V. “Anni clandestini. Memorie dal 1904 al 1945”, p. 88, cit. Si può infine osservare che un “Giulio” arrivò davvero in IV Zona Operativa, da Genova, ma qualche mese dopo.

8 V. quanto già detto sullo scambio di “Giulio” e “Franco”.

9 Archivio Istituto Gramsci (Aig), Bologna.

10 Nella Relazione, quindi, retrodata di pochissimi giorni il suo arrivo, rispetto a quanto scritto in “Anni clandestini. Memorie dal 1904 al 1945”.

11 Abitudine di Borgatti è, in genere, nelle Relazioni, quella di parlare di sé in terza persona, per esporre i fatti guardandoli come osservatore. Talvolta, però, anche in esse, affiora la prima persona, specie nel caso di una maggiore partecipazione emotiva.

12 I documenti sono in Fondazione Gramsci, Partito comunista italiano. Direzione Nord (1943-1945), Liguria e singole città, “13. La Spezia”.

13 Le grafie sono senza dubbio diverse. Il problema è stato quello di capire a chi appartenesse la grafia di giugno 1944. L’ho così confrontata con scritti sicuramente di Borgatti, perché firmati da lui (nel libro cit., v., ad esempio, una sua lettera a p. 34). Ho poi chiesto lumi a Vega Gori “Ivana” (1926-vivente), che ha lavorato ininterrottamente a fianco di Borgatti stesso, una volta arrivato alla Spezia, trascrivendo le sue minute a macchina. A riprova di ciò, va aggiunto che, nel suo libro di memorie, Borgatti la nomina come “Ivana”, senza cognome, in più punti. Nel presentarla, a p. 89, dice, tra l’altro: “Le spiegai i suoi compiti e fino alla Liberazione mi fu valida collaboratrice sia quale dattilografa, sia per i collegamenti”. Secondo “Ivana”, che non ama, a tanti anni di distanza, ostentare sicurezze, la grafia potrebbe appartenere a “Silvio”.

14 Poggi potrebbe dunque essere arrivato alla Spezia come Segretario, prima di “Silvio”, rimanendo poi alla Spezia, piuttosto debole come quadri, anche dopo l’arrivo di Borgatti, svolgendo però, fino alla sua drammatica scomparsa, una mansione diversa.

Omaggio a Ferruccio Battolini nel centenario della nascita

di Patrizia Gallotti

Ricorre oggi il centenario della nascita di Ferruccio Battolini, nacque appunto il 1 settembre 1923 alla Spezia dove morì nel febbraio 2007.

Siamo abituati a pensare a Battolini come critico d’arte o studioso d’arte contemporanea, senza fissarlo nella veste di “bibliotecario” al servizio della comunità. La sua attività nel mondo delle biblioteche risale agli anni Cinquanta, quando laureato, dopo i tragici eventi della Guerra e della Resistenza, a cui partecipò con il nome di “Poeta” -e la scelta di questo nome di battaglia lascia già presagire il suo profondo interesse per le arti e la cultura-, nonostante le spiccate capacità professionali, occupa un posto, a contratto, chiamato come collaboratore da Ubaldo Formentini.

La palazzina Crozza di Corso Cavour nel 1940 Archivio della Fotografia, La Spezia
La palazzina Crozza di Corso Cavour nel 1940 – Archivio della Fotografia, La Spezia

Il suo impegno verso la Biblioteca Mazzini, prestigiosa istituzione culturale della nostra città –e non solo- ma di tutto il comprensorio spezzino, è costante e coerente nell’affermare con forza quale deve essere il ruolo di una biblioteca pubblica, cenacolo di intellettuali ma, e soprattutto, luogo di incontro e di conoscenza per persone comuni.

Molti meriti gli vanno attribuiti soprattutto nella ristrutturazione del servizio bibliotecario. Il suo pensiero e la sua azione erano spesso rivolti alle più giovani generazioni verso le quali ha sempre avuto un occhio attento, rigoroso e aggiornato: l’arricchimento della dotazione libraria, l’ampliamento della disponibilità dei locali, l’aumento di personale specializzato (e qui si è sempre reso conto che senza operatori qualificati le biblioteche sono costrette a una vita precaria e marginale), la preparazione di un catalogo aggiornato e di un’efficace impostazione bibliografica.

La Biblioteca Civica U. Mazzini oggi, dopo il restauro
La Biblioteca Civica U. Mazzini oggi, dopo il restauro

Con impressionante lungimiranza, sosteneva che la Biblioteca intesa come accumulatore di raccolte documentarie, punto fisico obbligato di accesso al documento, concentrata sulla custodia più che sulla comunicazione del suo patrimonio culturale, era destinata ad essere superata.

È proprio da questo modello tradizionale, proprio dall’intento di valorizzare e di utilizzare quella parte del patrimonio presente all’interno del territorio comunale, che Battolini sollecita l’Amministrazione Comunale a istituire un Sistema Bibliotecario urbano, articolato su biblioteche comunali, scolastiche e di altri enti.

La Biblioteca Civica P. M. Beghi, nella sua prima sede
La Biblioteca Civica P. M. Beghi, nella sua prima sede

Siamo nel 1986, l’anno in cui viene inaugurato un nuovo polo bibliotecario, appunto la Civica Beghi, dove trova spazio l’Istituto storico della Resistenza, sorto nel 1972 grazie ai preziosi consigli e alla collaborazione di Ferruccio Battolini, anch’egli tra i fondatori e primo Direttore dell’Istituto spezzino (lo resterà fino agli anni Novanta).

La sede dell’Istituto oggi, all’interno della nuova Biblioteca Civica P.M. Beghi

Affermato critico d’arte e giornalista, il professor Ferruccio Battolini nell’anno 2000 ha donato al Comune della Spezia circa 500 opere d’arte che hanno arricchito in maniera decisiva l’offerta culturale cittadina.

Tra memoria e Progetto. Bibliografia degli scritti di Ferruccio Battolini 1949-2000
Tra memoria e Progetto. Bibliografia degli scritti di Ferruccio Battolini 1949-2000


Vorrei però evidenziare che la sua visione di “bibliotecario” è sempre rimasta viva; si pensi alla bibliografia dei suoi scritti, bibliografia nutritissima, lungo un arco di tempo comprendente più di mezzo secolo; una raccolta di volumi e saggi monografici, introduzioni, prefazioni, saggi, letteratura e storia.

È racchiuso in essa tutto il suo lavoro culturale, lavoro che ha seguito un rigoroso discorso logico: comunicare senza riserve, senza preconcetti, con il più alto spirito di tolleranza, prospettando ogni aspetto dibattuto o controverso. Un autore di primo piano, un protagonista culturale sono le migliori definizioni per ricordarlo!

L’episodio di Valmozzola: una data importante, ma non sempre univoca negli scritti degli storici.

L’assalto al treno, fondamentale episodio della Resistenza tra Parma e La Spezia, accadde sicuramente il 12 marzo 1944.

A cura di Maria Cristina Mirabello

Ricostruiamo i fatti, strettamente legati alla discussione sulle date, seguendo il libro di Giulivo Ricci “Storia della Brigata garibaldina ‘Ugo Muccini’”, ISR-La Spezia, 1978, p. 105 e segg. (passim), ma proponendo anche alcune variazioni, segnalate con NdA.

La Banda “Betti”, la sua funzione centripeta per gli spezzini, l’episodio di Roccamurata, l’assalto al treno di Valmozzola e la morte di “Betti”

“Un gruppo era venuto polarizzandosi tra la Val Noveglia (Bardi), Varsi e Mariano (Valmozzola), nel dicembre 1943, non direttamente legato ad alcun partito politico né al CLN, quello di Mario Betti [NdA: per il nome Betti, v. dopo], che lo guiderà nel gennaio e ancora alla fine di febbraio, quando cominceranno ad arrivare a Valmozzola i primi elementi, avviati dal CLN e dal PCI, spezzini, sarzanesi e arcolani. Il Betti aveva trovato, peraltro, un embrionale movimento locale già sulla via dell’organizzazione… i legami con i partiti e con CLN erano saltuari ed episodici…”.

Seguendo sempre Ricci, ma facendone una sintesi, con le variazioni segnalate da NdA, ecco il seguito:

“Betti” [NdA: in realtà, seguendo Maurizio Fiorillo “Uomini alla macchia. Bande partigiane e guerra civile. Lunigiana 1943-1945”, Editori Laterza, Roma-Bari, 2010, p.69, si trattava del caporalmaggiore Mario Devoti, anche se in alcuni autori troviamo la denominazione Mario Betti], viene descritto da Ricci come personaggio abbastanza enigmatico, e su cui non si è mai fatta luce completa. Tale figura, nel mentre si afferma, dà luogo anche a contrasti che lo rendono oggetto di un misterioso attentato. Comunque sia, il “Betti” diventa capobanda ed entra in contatto con il CLN spezzino mediante Riccardo Galazzo, impiegato dell’Arsenale Marittimo Militare, cacciatore e frequentatore di quei luoghi, tramite a sua volta con elementi arcolani, e cioè suo fratello Aldo Galazzo, già condannato al confino e Flavio Maggiani, esponente di punta dell’antifascismo non solo arcolano. Essi sono a loro volta intermediari con Anelito Barontini, che era stato sollecitato da Raffaele Pieragostini del CLN genovese a prendere contatto con il “Betti” su cui il CLN parmense aveva dimostrato di avere poca presa.

Fu così che il gruppi di “Betti” diventò un punto di catalizzazione per gli spezzini che man mano si aggregarono ad esso, partendo a piccoli scaglioni. Mario Portonato “Claudio” e Primo Battistini “Tullio”, partiti lo stesso giorno (2 marzo 1944), sullo stesso treno, l’uno da Migliarina e l’altro da Santo Stefano, e senza sapere l’uno dell’altro, arrivarono così a Mariano, quartiere generale di “Betti” che propose loro di assumere rispettivamente l’incarico di vice Comandante e Comandante del gruppo Arditi. In tale ambito “Betti” incarica così Battistini di una serie di azioni, che riescono pienamente. Arriva nel gruppo anche il sarzanese Paolino Ranieri “Andrea”, che assume la funzione di Commissario politico fino a quel momento non prevista nella banda, e cui “Betti” non si oppone. Il 10 marzo arrivano anche altri: arcolani, ad esempio Ezio Bassano (“Romualdo”) e santostefanesi (ad esempio Arrigo Franceschini (“Tito”), Mario Tavilla (“Crasna”) e Adriano Casale (“Maranghin”). Arrivano anche armi e munizioni da Migliarina, grazie a Renato Grifoglio, e da Sarzana, grazie a Gino Guastini. L’11 marzo 1944 [v. NdA più sotto] avviene uno scontro con il presidio di Roccamurata, intorno alla cui organizzazione e predisposizione, così come intorno a quello di Valmozzola il giorno seguente, esistono varie versioni.

[NdA:la questione dell’11, 12 (e 13 marzo), in quanto date, è abbastanza confusa, nel senso che, per Valmozzola, è stata tramandata da molti la data del 13, accolta dallo stesso Ricci che, però, in una Nota a fine Capitolo, rileva come, nella testa dei protagonisti, l’assalto fosse avvenuto di domenica, quindi il 12 marzo. Tuttavia, Ricci non nega il 13, ma pone, piuttosto, il quesito del perché la maggior parte di chi parla dell’episodio (commemorazioni, scritti) indichi sempre, appunto, il 13 marzo. È evidente inoltre che, se Roccamurata, accade un giorno prima di Valmozzola, essa vada collocata in data 11 marzo (e non il 12). Da mia indagine condotta sulle fonti dell’epoca, e precisamente sui giornali, la data di Valmozzola è senza dubbio il 12 marzo 1944 (domenica). La “Gazzetta di Parma” del 14 marzo 1944 parla dell’episodio in questo modo: “Domenica mattina (quindi domenica 12 marzo) verso le ore 8,30, un gruppo di banditi armati, composto di una cinquantina di individui, dopo avere circondato il treno proveniente da La Spezia e diretto a Parma che si era fermato nella stazione di Valmozzola, apriva un violento fuoco di fucileria e di bombe a mano verso il convoglio… È morto altresì, ucciso uno dei banditi, non ancora identificato ma che si ha ragione di credere fosse il capo o uno dei capi della banda, addosso al quale è stata rinvenuta una forte somma in valuta italiana”.]

Seguiamo ora di nuovo Ricci, che riporta alcune versioni dei fatti: secondo una versione lo scontro di Roccamurata sarebbe avvenuto casualmente e senza connessione con l’episodio di Valmozzola. Secondo altre fonti, tra cui Primo Battistini, invece, proprio lui, che era in servizio di pattuglia non lontano dal Taro, sarebbe stato avvertito che il presidio fascista di Roccamurata teneva in custodia tre giovani destinati alla fucilazione, per cui con i suoi uomini assalì il presidio ma non trovò i ragazzi, trasportati nel frattempo a Borgotaro. Sarebbe nata da qui in Battistini l’idea (cui persuase “Betti”) di assalire a Valmozzola, l’indomani, il treno che, proveniente dalla Spezia, avrebbe raccolto i giovani. Gli uomini non sarebbero stati informati dello scopo della missione per evitare sia una fuga di notizie sia che elementi più politicizzati, quali Paolino Ranieri e Portonato, la sconsigliassero giudicandola rischiosa. Ranieri ricorda che Betti parlava di un assalto all’ammasso del Comune per requisire viveri e che “Betti” non volle farlo partecipare all’impresa che comunque, sempre secondo Ranieri, prevedeva la requisizione dei viveri ed il sequestro del capostazione, e null’altro. Secondo altri, avvenuta la requisizione, Betti decise invece improvvisamente di sequestrare il capostazione, considerato membro del quadrumvirato fascista della zona, e, qualora avessero trovato un treno fermo, di assalirlo. Il nodo è capire se l’assalto al treno che costituì per la Resistenza delle province di Parma e della Spezia un punto di svolta, data la notorietà dell’impresa e l’effetto galvanizzatore che ebbe, era stato programmato in funzione della liberazione dei giovani. Sta di fatto che, quali che siano le versioni, l’assalto ci fu alle 8,30 del mattino ed avvenne contro un treno pieno di militari che, dopo una prima fitta sparatoria, si arresero, sia tedeschi che fascisti. Nel corso della battaglia “Betti” rimase ucciso, anche se sul momento nessuno se ne accorse, rendendosene conto solo al ritorno, a Mariano.

[NdA: osserviamo infine che, sul fatto d’arme di Valmozzola, come dice Maurizio Fiorillo, il quale riporta la data del 12 marzo, notando che molte fonti parlano del 13, (p. 69 del libro “Uomini alla macchia. Bande partigiane e guerra civile”, cit.), esistono almeno “quattro versioni, tramandate dalla memorialistica, in parte inconciliabili”].

La Storia siamo noi. Due indici di nomi per capire la storia degli anni Sessanta del Novecento

L’Istituto comunica la pubblicazione, nella sezione Strumenti, dell’indice generale dei nomi del libro: “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” nei suoi due volumi: “Dai moti del 1960 al Maggio 1968”, e “Dalla Primavera di Praga all’Autunno caldo”, scritti da Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello, editi da Edizioni Cinque Terre.

Gli autori mettono a disposizione on line, e quindi a tutti, il corposo Indice dei nomi, nel tentativo di rappresentare, storicamente e storiograficamente, una fase ritenuta fondamentale del secondo Novecento.

Le idee, le speranze, i progetti, le conquiste, le illusioni e le delusioni di quell’epoca, in modo specifico il biennio 1968 e 1969, le cui radici sono però precedenti, costituiscono infatti una materia complessa, da sbrogliare con attenzione, degna soprattutto di una riflessione capace di compiere ricognizioni sul passato per interpretare il presente e pensare al futuro.

QUI la pagina con introduzione agli indici e avvertenze

QUI l’Indice dei testimoni

QUI l’Indice dei nomi

Cronologia 1921-1922: un Approfondimento

Ad integrazione dello strumento Cronologia 1921-1922. Politica e società locale, con qualche cenno regionale o nazionale, segnaliamo per il 1923 un breve saggio di Giorgio Pagano pubblicato su Patria Indipendente in cui vengono storiograficamente approfonditi fatti spezzini di quell’anno, quando l’uccisione dello squadrista Giovanni Lubrani, avvenuta nella notte del 21 gennaio 1923 e maturata presumibilmente in ambiente fascista, diventò pretesto per l’uccisione di oltre dieci antifascisti.

Foto di copertina: San Terenzo negli anni Venti (archivio Riccardo Bonvicini)

Cronologia 1921-22, un nuovo strumento di lavoro

L’ISR Spezzino pubblica un importante Strumento di Lavoro, la Cronologia 1921-1922 – Politica e società locale, con qualche cenno regionale e nazionale, che consente a chi desidera avvicinarsi a tale periodo -che vede in Italia la crisi dello Stato liberale, la sconfitta delle forze popolari e il fascismo al potere- uno strumento di consultazione chiaro e argomentato come fonti, utile quale base per ricerche successive.


La Cronologia, liberamente scaricabile in formato .pdf, è preceduta da pochi dati relativi al 1919 ed al 1920, per consentire un utile raccordo storico.


Il Gruppo di lavoro che ha collaborato è costituito da: Emanuele De Luca, Simonetta Lupi, Maria Cristina Mirabello, Giorgio Pagano, Tiziano Vernazza. La sintesi e sistemazione della raccolta dati è stata curata da Maria Cristina Mirabello.


La Cronologia è un’opera in progress, e quindi ideata per integrazioni documentate nel corso del tempo.

Tre nuovi importanti archivi di Storia Contemporanea (1966-1972) disponibili presso l’ISR

L’Istituto Spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea mette a disposizione del pubblico, dei ricercatori e degli appassionati di Storia, o comunque interessati ad essa, una importante novità on line.

Si tratta degli Archivi Giaufret-don Milani; Solfaroli-don Milani; Solfaroli-Miscellanea, donati all’Istituto da Giuliano Giaufret e Gianluca Solfaroli, fondatori nell’autunno 1967 del Circolo don Milani alla Spezia, e cui va pubblicamente un sincero ringraziamento.

Il materiale archiviato è stato ampiamente citato in molti capitoli del libro “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” (Voll. 2), scritto da Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello per Edizioni Cinque Terre, ma risultava non ordinato e necessitante di una archiviazione, attuata da Maria Cristina Mirabello (consulente: l’archivista dott. Luca Mariano).

Tale lavoro costituisce un ulteriore arricchimento per l’Istituto e per i suoi interessi documentali che, nel tempo, si stanno ampliando molto al di là della Resistenza in IV Zona Operativa.

Testimoniano l’allargamento di interessi proprio le carte archiviate, ben 171, che, con addensamenti intorno a talune date, vanno cronologicamente dal 1966 al 1972.

Tale periodo è molto complesso a livello nazionale ed internazionale, come ben chiarito dalle introduzioni ai singoli Archivi che offrono anche una importante occasione didattica a docenti e studenti delle Scuole Superiori spezzine.

Essi potranno infatti rapportarsi a molte carte del Sessantotto locale, un vero e proprio prisma per capire fatti nazionali ed internazionali, esemplificati anche questi ultimi in molte unità archivistiche, e vedere, criticamente, il passaggio, sempre molto delicato e complesso, tra “res gestae” (fatti) e “historia rerum gestarum” (storia dei fatti), avendo la possibilità, oltretutto, di appurarlo, proprio nel libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello.

Tra le tematiche delle carte, alcune prevalenti, altre più sporadiche: la guerra nel Vietnam, la “generazione del Vietnam”, analisi, prese di posizione e manifestazioni su tale conflitto, il movimento studentesco in generale e l’occupazione delle Scuole Superiori spezzine nel dicembre 1968, la produzione di materiale da parte degli studenti in lotta, il passaggio dalla forma partecipativa dell’assemblea a quella dei comitati di base, docenti e riforma della scuola, il doposcuola di Càssego di Varese Ligure, il rapporto studenti-operai, la lotta operaia alla SNAM, la questione del consumismo, il fermentante clima post-Concilio Vaticano II e la formazione di un’area del “dissenso cattolico”, la fondazione in tale ambito dello spezzino Circolo don Milani e la vasta tessitura dei suoi interessi e delle sue relazioni ben oltre il livello locale, l’autonomia delle scelte politiche in occasione delle elezioni del maggio 1968, le reazioni all’enciclica di Paolo VI “Humanae Vitae”, il tentativo di dare vita, su spinta iniziale della rivista “Questitalia”, ai gruppi di iniziativa spontanea per la costruzione di una nuova sinistra in Italia, le forme di raccordo scelte da essi ed il manifestarsi di una loro crisi già nel 1969, la protesta contro la costruzione della nuova Cattedrale alla Spezia.

Al momento, a questo indirizzo, si può visionare il complesso dei tre Archivi (comprese le relative introduzioni), ed informarsi al contempo sui donatori di essi.

Per consultare di persona i documenti occorre prendere contatto con l’Istituto Spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea, presso la Biblioteca “Beghi”, via del Canaletto, 100.

Il viaggio della Memoria di Giovanni Bloisi

Il 17 maggio si concluderà alla Spezia la nuova avventura di Giovanni Bloisi, autore in questi anni di viaggi che hanno costruito momenti autentici di incontro, conoscenza e consapevolezza. “Un lento viaggiatore in bicicletta”, dice di sé. Da Auschwitz alle pianure del Don, dallo Yad Vashem ai luoghi della Memoria italiana.

È partito il 3 maggio da piazza XVIII dicembre, a Torino, il “viaggio ciclistico della memoria” di Giovanni Bloisi. Ex impiegato Enel ora in pensione, 68 anni, Bloisi si sposta in bicicletta dentro la storia del Novecento visitando i luoghi della Memoria, in particolare quelli in cui avvennero le stragi nazifasciste. Come tappa di partenza è stata scelta piazza XVIII dicembre, dove il 18 dicembre 1922 le squadre fasciste assassinarono 11 lavoratori.

«Memoria è pace – sottolinea Bloisi – bisogna ricordare per non dimenticare». Questo il motto e lo spirito con cui il ciclista varesino affronta questo ennesimo viaggio nella nostra storia, più forte di ogni salita e di ogni acquazzone.

Il programma degli incontri pubblici alla Spezia:

16 MAGGIO 2022 – ORE 15

Viale Amendola presso l’ex Tribunale Militare della Spezia
Sede dei primi processi alle stragi
Interventi
Elisabetta Bozzi, ANPI Magenta – Organizzazione viaggio
Pierluigi Peracchini, Sindaco La Spezia
Paolo Pucci, Presidente ANPI Provinciale La Spezia
Ex Caserma XXI Reggimento Fanteria
Luogo di carcerazione e tortura (1943-1945)
Interventi
Patrizia Gallotti, Presidente ISR Spezzino
Cristina Mirabello, ANPI Provinciale La Spezia
Doriana Ferrato, Presidente ANED La Spezia

17 MAGGIO 2022 – ORE 10,30

Molo Pagliari
Memoria del molo come passaggio per la deportazione (1943-1945)
Memoria della Spezia “Porta di Sion” (1945-1948)
Interventi
Luigi Bosi, Segretario Generale Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale
Pierluigi Peracchini, Sindaco La Spezia
Doriana Ferrato, Presidente ANED La Spezia
Elisabetta Bozzi, ANPI Magenta – Organizzazione viaggio
Con la presenza del Dott. Alberto Funaro, in rappresentanza della Comunità Ebraica di Genova.

Le tappe del Viaggio della memoria:

4 maggio. TORINO (PARTENZA: Piazza XVIII dicembre 1922) GRUGLIASCO / COLLEGNO (30 aprile 1945 – Eccidio a Grugliasco, partigiani e civili, per metà di Collegno – 68 vittime) CUMIANA KM 36

5 Maggio. CUMIANA (3 aprile 1944 – 51 civili) SALUZZO (deportazione ebrei, storia della Comunità Ebraica locale) KM 46

6 Maggio. SALUZZO (deportazione ebrei, storia della Comunità Ebraica locale) CERETTO / COSTIGLIOLE SALUZZO / BUSCA (Eccidio di Ceretto, frazione di Costigliole Saluzzo situata fra Costigliole e Busca -5 gennaio 1944 – Partigiani e civili – 27 vittime) DRONERO (2 gennaio 1944 – 8 vittime) CUNEO (Memoria di Duccio Galimberti + Eccidio di Cuneo, 26-27 novembre 1944, 9 civili) BORGO SAN DALMAZZO (Deportazione ebrei – 329 stranieri, 26 italiani) BOVES KM 62

7 Maggio. BOVES (Prima rappresaglia su nucleo abitato in Italia – 350 case distrutte – 24 vittime) LIMONE PIEMONTE TENDA (FRANCIA) KM 53

8 Maggio. TENDA (FRANCIA) AIROLE CASTELVITTORIO KM 65

9 Maggio. CASTELVITTORIO (3-5 dicembre 1944 – 21 vittime, civili e partigiani) LATTE (Comune di Ventimiglia) (11-28 marzo 1945 – 14 partigiani) ARMA DI TAGGIA KM 60

10 Maggio. ARMA DI TAGGIA TORRE PAPONI (Comune di Pietrabruna) (14-16 dicembre 1944 – 28 vittime, civili e partigiani) TESTICO (15 aprile 1945 – 27 vittime, civili e partigiani) KM 60

11 Maggio. TESTICO ALBENGA (Martiri della Foce – 59 vittime, civili e partigiani, tra il dicembre 1944 e il marzo 1945) SAVONA KM 60

12 Maggio. SAVONA (Storia fabbriche e Memoria deportazione) PASSO DEL TURCHINO SACRARIO TURCHINO (P.SSO FAIALLO) (Strage Turchino – 19 maggio 1944, 59 partigiani) MASONE KM 66

13 Maggio. MASONE (8 aprile 1944 – 13 partigiani) SACRARIO BENEDICTA (Comune di Bosio, Prov. Alessandria – 6-11 aprile 1944, 147 partigiani) CRAVASCO (Memoria eccidio di 17 partigiani, avvenuto il 23 marzo 1945 – Ricordo del partigiano Nicola Panevino) GENOVA (Storia Delasem e Memoria deportazione) KM 70

14 Maggio GENOVA PORTOFINO (Strage Spiaggia dell’Olivetta: 2 dicembre 1944, 22 partigiani) LAVAGNA SESTRI LEVANTE KM 65

15 Maggio SESTRI LEVANTE (Memoria Stragi di Libiola, Rio della Valletta, Villa Pino) AMEGLIA KM 63

16 Maggio. AMEGLIA (Punta Bianca: 26 marzo 1944, 15 militari statunitensi) SAN TERENZO MONTI (Comune di Fivizzano, Prov. MS – Stragi Linea Gotica – Borghi coinvolti: 17-19 agosto 1944 – Valla, Bardine, San Terenzo Monti, 159 vittime civili; 24-27 agosto 1944 – Vinca, 174 vittime civili) LA SPEZIA (Ricordo del Tribunale Militare di La Spezia che aprì i processi alle Stragi + Ex Caserma XXI Reggimento Fanteria) KM 57

17 Maggio. LA SPEZIA (Memoria del Molo Pagliari come luogo di passaggio, nel 43-45, per il Carcere di Marassi a Genova + Memoria emigrazione del dopoguerra, dei profughi ebrei sopravvissuti alla Shoah).

Il viaggio è stato promosso da ANPI PROVINCIALE DI MILANO e ANPI PROVINCIALE DI VARESE e ha avuto inoltre il patrocinio di:
ANPI regionali e provinciali di Regioni e Province attraversate, ANED, Fondazione Memoria della Deportazione, UCEI e Comunità Ebraiche provinciali, Istituto Parri, CDEC, Fondazione Memoriale della Shoah, Associazione Figli della Shoah, GARIWO, altre realtà della Memoria (Associazioni, Enti, Istituti Storici provinciali, Biblioteche), Comuni visitati, gruppi ciclistici