In questo 8 marzo ancora ci parlano le voci delle donne che hanno fatto la Resistenza, di M. Cristina Mirabello

In occasione di questo 8 marzo 2018, è forse utile rievocare fatti lontani nel tempo ma ben vivi e importanti, fatti che stanno alla base della Costituzione italiana, di cui si celebrano proprio quest’anno i 70 anni. Mi riferisco alla Resistenza (1943-45), e, dentro di essa, alla fondamentale presenza femminile.

Mi accingo a questa rievocazione intrecciando ragione e sentimento: sono convinta infatti che il cuore non neghi la razionalità ma la ravvivi, dicendoci che quella storia è una storia nostra, troppo importante per essere dimenticata, troppo seria per essere impoverita, troppo alta per essere ridotta a schemi o a schermaglie. Una storia di organizzazioni, ma anche di uomini e di donne, e per le donne fu una novità assoluta. Queste ultime spontaneamente seppero, in momenti drammatici, quando sembrava quasi impossibile farlo, impegnarsi per trovare una via che portò l’Italia faticosamente e con dignità fuori dalla situazione in cui il Fascismo l’aveva cacciata, ponendo dei punti fermi per arrivare appunto alla Costituzione in cui, per la prima volta, nei Principi Fondamentali viene affermata solennemente l’eguaglianza delle donne, affermazione che si riflette poi a cascata nell’articolato del testo.

E poiché è buona norma partire dai documenti, lo faccio avendo visionato velocemente le copie che ho potuto reperire on line del giornale “Noi Donne“, storica testata femminile, nata a metà degli anni Trenta, ma rinata, dopo tante traversie, come organo dei Gruppi Difesa della Donna, nel 1944.

Solo un breve chiarimento riguardo i Gruppi Difesa della Donna: nel novembre 1943 si incontrarono a Milano le comuniste Rina Picolato, Giovanna Barcellona e Lina Fibbi, l’azionista Ada Gobetti e la socialista Lina Merlin per costituire un’Associazione che assistesse i combattenti per la libertà e che fosse aperta a tutte le donne intenzionate a lottare per l’emancipazione femminile, indipendentemente dalla propria fede religiosa o politica. A questo primo nucleo si aggiunsero poi anche donne democristiane e il 10 luglio 1944 i Gruppi Difesa della Donna furono riconosciuti ufficialmente dal CLNAI (Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia) come proprio organo.

Fra i “Noi Donne” che ho avuto modo di scorrere, alcuni dei quali clandestini in quanto pubblicati nell’Italia ancora occupata dai nazi-fascisti, assai poveri come numero di pagine e grafica, ma molto ricchi per densità simbolica, ed alcuni invece stampati nell’Italia ormai libera, e quindi, sebbene improntati ad una rigorosità di stile, più ricchi di pagine e fotografie, mi è saltata agli occhi un’edizione clandestina milanese del marzo 1945: la Liberazione sarebbe avvenuta dopo poco più di un mese. A mio parere nelle due essenziali paginette di questo “Noi Donne”, uscito in Lombardia, quando ormai i giorni della fine per il regime di occupazione si avvicinavano ed in cui, forse proprio per le sicure avvisaglie di ciò, ancora più rabbiosa era, se possibile, la risposta nazi-fascista, sta lo spirito con cui le donne vivevano quella lotta.

In facciata, evidenziate, troviamo alcune frasi che riguardano la Resistenza in generale: fra esse, in alto a sinistra, “Va fuori d’Italia, Va fuori ch’è l’ora, Va fuori d’Italia, Va fuori stranier” (ripresa del risorgimentale e celebre “Inno di Garibaldi”, quasi a voler segnare una continuità fra Risorgimento e Resistenza), sempre in alto a destra “Per l’unione e la lotta di Liberazione”(perfettamente rispondente allo spirito unitario dei CLN), sotto il titolo “Noi Donne” il sottotitolo “Organo dei Gruppi di Difesa della Donna e per l’assistenza al combattente della libertà”, in cui si esplica il grande ruolo di “maternage” espresso dalle donne che immediatamente aiutarono i soldati sbandati l’8 settembre 1943 travestendoli con abiti civili e continuando ad assisterli quando in moltissimi presero la via della lotta clandestina. L’ impegno femminile si articolò inoltre in svariate funzioni: abbiamo dattilografe, staffette, portaordini, depositarie di documenti segreti e pericolosissimi per se stesse e per le proprie famiglie, ma anche infermiere, rifocillatrici, pietose curatrici delle sepolture donne che semplicemente tacciono e proteggono. Si noti come nel sottotitolo non si faccia però menzione delle donne “in armi”, che pure ci furono, e il cui ruolo “dirompente” probabilmente non risultava spendibile presso un vasto pubblico. Sempre in prima pagina, in bella vista, un titolo che ci parla dell’8 marzo “Verso lo sciopero generale. La lotta delle donne milanesi nella grande giornata internazionale delle donne”. Infine, sul retro “Dalle fabbriche. Le donne alla conquista dei loro diritti sindacali”, con idee già belle chiare su quello che, indipendentemente dagli obiettivi generali della Resistenza, le donne dovevano conquistare per sé, per la propria emancipazione ed eguaglianza.

Anche nel territorio spezzino che sconfina in Lunigiana, la così detta IV Zona Operativa, ci furono donne dattilografe e staffette, nelle nostre campagne e nelle montagne venne espressa un’ampia attività di “maternage” da parte delle donne contadine verso i reparti in armi di partigiani, ed ancora ci furono donne che in qualche modo ad un certo punto imbracciarono il fucile: fra esse Amalia-Lydia Lalli della Brigata “Muccini, Medaglia d’argento al V.M., che morì poco prima della Liberazione, Laura Seghettini del Battaglione Picelli, Vera Del Bene e Angela Bastelli del battaglione “Maccione”, Rosetta Solari della Brigata “Centocroci”, Carmen Bisighin della Colonna “Giustizia e Libertà”.

E sempre nella nostra zona si stampava il “Noi Donne” clandestino, quello fatto di due paginette, dattilografabili e quindi in formato A3. Ne parlano anche in tempi recenti alcune donne le quali nelle loro interviste ricordano come fosse complesso scrivere il titolo in caratteri più grandi del maiuscolo normale, delineando insomma delle lettere alfabetiche “maxi” che andavano poi riempite con tante X, per renderle più visibili e piacevoli da leggere. Fra esse voglio ricordare Anna Maria Vignolini “Valeria”, vivente, che fu responsabile di una vasta area del territorio spezzino riguardo l’organizzazione dei Gruppi Difesa della Donna (nonché delle ragazze del Fronte della Gioventù) e che mi ha rilasciato una preziosa intervista nel 2015.

Anna Maria Vignolini aveva nel 1944 ventun anni: da Sarzana si collegava con la Spezia città grazie a Rina Bruzzone, commessa nel negozio di scarpe Melley. Nella vasta zona cui Valeria sovrintendeva, muovendosi a piedi, in bicicletta, in treno, per informare, coordinare, consegnare e smistare materiale che batteva a macchina, le donne dell’Arcolano (fra esse le diciassettenni Mimma Rolla e Laura De Fraia) furono forse fra le più attive. E con “Valeria”, che le insegnò come battere a macchina la stampa clandestina e come si dovevano disporre i caratteri per le testate dei giornali, quindi anche di “Noi Donne”, si incontrò la diciottenne Gori Vega “Ivana” della zona di Vezzano Ligure.

Fra le azioni promosse dai Gruppi Difesa della Donna che Anna Maria Vignolini ricorda nella sua intervista forse con più commozione è senza dubbio però il grande sciopero delle fabbriche spezzine nel marzo del 1944, durante il quale le donne organizzate da lei ebbero un ruolo da sostegno per la lotta in generale e specialmente per quella condotta dalle operaie dello Jutificio: proprio fra queste ultime i nazi-fascisti catturarono poi le due sorelle Elvira e Dora Fidolfi, deportandole (solo Dora ritornò a casa).

La guerra rende audaci i timidi ed Anna Maria, ragazza riservata e perfino, come lei stessa si autodefinisce, un po’ paurosa, osò cose inimmaginabili: e questo soprattutto in nome degli ideali da cui era animata e da cui –ella dice- era spinta ed erano spinte coloro che operarono con lei.

E, se in questo 8 marzo 2018 c’è un richiamo e un augurio da fare alle ragazze di oggi, il migliore è probabilmente proprio quello di una forte e tenace idealità, senza la quale non ci può essere progettazione di un futuro più giusto e libero per tutte le donne in tutto il mondo.

Per un approfondimento di storia locale e per conoscere tante vite di donne che hanno lottato perché il mondo fosse migliore, si consiglia di leggere il libro “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello, Edizioni Cinque Terre, 2017.

M.Cristina Mirabello, ISR La Spezia

Istituto spezzino per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea "Pietro M. Beghi" Fondazione ETS